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Sicilia, lotta alla mafia: il coraggio di Peppe Fava

Essendo giornalista ormai da diversi anni ed essendomi sempre occupato di fatti sociali, di situazioni che stanno a cuore a noi semplici cittadini e che coinvolgono il nostro modo di vivere la città, mi è parso spontaneo in questa sede ricordare la figura di un caro collega che purtroppo non ho mai conosciuto ovvero Peppe Fava.

Insieme ad un suo fedele collaboratore, che invece ho conosciuto per caso alcuni anni fa, Riccardo Orioles. Posso affermare che quest'uomo mi ha molto colpito per la dedizione e la passione che metteva e mette tuttora malgrado l'età e gli acciacchi, nella causa di combattere contro la mafia assieme al grande Peppe Fava. 

E proprio di quest'ultimo che voglio parlare ricordandone la figura a quasi trentaquattro anni dalla scomparsa, esaltandone le doti, il coraggio e la determinazione, di cui noi giornalisti dovremmo possedere tutti, nelle inchieste che lo hanno visto protagonista e difensore della Sicilia dallo strapotere mafioso che ha ridotto questa terra ad essere obbediente al potente di turno; come continua a dire oggi suo figlio Claudio candidato alla Presidenza della Regione. 

Nato a Palazzolo Acreide, in provincia di Siracusa, nel 1925, a soli diciotto anni, Peppe Fava si trasferì a Catania laureandosi in Giurisprudenza all'Università. Nel 1952 divenne giornalista professionista, iniziando a collaborare con varie testate nazionali e regionali come "Sport Sud", "La Domenica del Corriere", "Tuttosport" e "Tempo Illustrato" di Milano. Nel 1956 venne assunto dall'Espresso Sera, di cui fu capo redattore fino al 1980. Scriveva di vari argomenti dal cinema al calcio, ma i suoi lavori migliori furono una serie di interviste ad alcuni boss mafiosi dell'epoca, come Calogero Vizzini e Giuseppe Genco Russo. 

In questo periodo, iniziò anche a scrivere per il teatro. Famosa la sua opera "La violenza" del 1970 con la prima al Teatro Stabile di Catania, che poi trasmise al cinema con il titolo: "La violenza: Quinto Potere", con la regia di Florestano Vancini. Anche dal suo primo romanzo nel 1975, "Gente di rispetto", fu tratto un film diretto da Luigi Zampa. Nel frattempo continuava la sua attività giornalistica con la direzione del "Giornale del Sud" nel 1980, portandosi dietro giovani ed inesperti cronisti tra cui il figlio Claudio, Riccardo Orioles, Michele Gambino ed altri, che l'avrebbero seguito nelle successive esperienze lavorative.

L'esperienza al "Giornale del Sud" certamente fu significativa, legata ad alcune prese di posizione come l'avversione all'installazione della base missilistica a Comiso e le parole spese a favore dell'arresto del boss Alfio Ferlito, che coincisero con l'arrivo al giornale di una nuova cordata di imprenditori che poi si scoprì essere conniventi con il potere mafioso. Venne pure organizzato un attentato, a cui Peppe scampò, ma purtroppo proprio perchè denunciava alcune attività del Ferlito, il Giornale del Sud venne chiuso e Fava licenziato. Rimasto senza lavoro, Peppe fonda con i suoi vecchi collaboratori una cooperativa "Radar" per lanciare un nuovo progetto editoriale che si concretizzò nel Novembre 1982 con il mensile "I Siciliani".

"I Siciliani" di cui ancora rimane la massima colonna vivente e operativa Riccardo Orioles che non si è mai rassegnato a combattere la mafia, divenne subito una delle esperienze decisive per il movimento antimafia. Le inchieste della rivista diventarono un caso politico e giornalistico. Probabilmente il suo articolo più famoso rimane "I quattro cavalieri dell'apocalisse mafiosa", una inchiesta-denuncia sulle attività illecite di quattro imprenditori catanesi: Carmelo Costanzo, Gaetano Graci, Mario Rendo e Francesco Finocchiaro,per non parlare dell'inchiesta su Michele Sindona. Questi quattro imprenditori, Fava li collegherà al clan Santapaola.

Malgrado gli attacchi e gli inviti a miti consigli, "I Siciliani" rimase una rivista indipendente continuando fino alla uccisione del suo fondatore, la sua battaglia contro il potere mafioso. Peppe Fava cadde sotto i colpi della mafia catanese il 5 Gennaio 1984, mentre stava scendendo dalla sua Renault 5.

Ricordarlo adesso che il figlio sta girando in lungo e largo la Sicilia per portare il messaggio che il popolo siciliano deve essere libero dai compromessi, non sottomettersi al potente mafioso o politico che sia, e decidere quale futuro dare alla propria terra, forse non è un caso, ma mi è venuto spontaneo per dire a me stesso e a tutti noi siciliani che siamo liberi di scegliere senza farci compromettere dal bisogno. Forse è la volta buona dopo i fallimentari governi Cuffaro, Lombardo e Crocetta.


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