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Messina, Galleria Arte Cavour: il messaggio in arte “Senza titolo” di Mamy Costa



Venerdì 30 novembre, nei locali della Galleria Arte Cavour – Messina, si è dato luogo al vernissage della Personale “Senza titolo” di Mamy Costa. 

La donna impegnata nella cura dell’ambiente, come la dimora che noi tutti ospita e non uno spazio da violare, nonché nella difesa della pace, come valore immutabile e diritto per ciascuno. 

L’artista autodidatta è nota per la sua dedizione nel dare forma ai valori in cui crede con l’arte del “riuso-riciclo” creativo, la neo-corrente artistica che rappresenta il desiderio-bisogno di ripulire l’ambiente contro ogni spreco.

Forse che la resilienza non rimane la caratteristica peculiare di ogni organismo vivente, come l’ambiente che viviamo? 

Forse che un oggetto non può essere ri-usato in altro modo, scomponendone i materiali per darvi un ciclo di vita nuovo?

Mamy Costa risponde con la creatività espressa su tele e cartoncini, con resina e colla, con stucco e cemento fra bacchette di legno e strati di juta, consunta e strinata. 

Una variegata combinazione di materiali, che rimane l’espressione dell’ecosistema, uniformato con equilibrio cromatico, a cui dare il nome che meglio rappresenta l’idea suggerita a ciascuno dalle opere dell’artista messinese.

La tecnica mista materica di Mamy Costa - che rimanda alle crepe scomposte di Alberto Burri – diventa eloquente nelle composizioni informali, rappezzate, imbevute di colori e pitture amalgamate, quando nere falde di camera d’aria si estendono in semicerchio, disegnando un “Blak sun” di contro ad uno scenario luminoso, intriso di speranza.



La stessa speranza che la nostra Mamy compone su tela per chiunque si trovi in “Percorsi” interrotti da strategie geo-politiche o dall’indifferenza spigolosa, tali da imbavagliare la parola ed impedire la vista, annichilire l'identità personale e violare la memoria dell'immagine, come narra l’artista con le sue “teste velate”, riciclando dismessi manichini.


La mostra è “senza titolo” perché bianca è la “materia prima” da cui inizia il lavoro creativo, perché bianco è il colore che evoca l’inizio, il cambiamento, la speranza, in breve il ri-ciclo che rimanda ad una diversa e resiliente identità, seppure sfidando le dissonanze riprodotte nel quotidiano.

Mare nostro che non sei nei cieli 
e abbracci i confini dell’isola e del mondo, 
sia benedetto il tuo sale, 
sia benedetto il tuo fondale…

La preghiera laica di Erri De Luca esprime il rumore del silenzio racchiuso negli abissi del Mare nostrum, testimone di viaggi naufragati. 
Lo stesso Mare nostrum che Mamy Costa immagina attraverso un’installazione sospesa, quasi che il respiro sottratto al Mediterraneo si volesse ri-creare tenendolo per aria. 

Ogni crepa è una perdita, un dolore, una forma di violenza inflitta ad una fonte di vita, dove paradossalmente trovano la morte generazioni destinate a rimanere senza nome. 

L’installazione “Mare nostrum”, realizzata soltanto con materiale di scarto, prossimamente sarà collocata al Museo Macro Asilo di Roma di Giorgio De Finis, nell’ambito dell’iniziativa “Obiettivo 16: Pace, giustizia e istituzioni forti”, dedicata alla promozione di società pacifiche ed inclusive ai fini dello sviluppo sostenibile. 
Sotto il segno di un continuo “remade”, l’incipit della mostra di Mamy Costa, riprende i versi di Fernado Pessoa: 

Voglio, avrò
se non qui,
in un altro posto che ancora non so.
Niente ho perduto.
Tutto sarò.

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