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Destini Individuali e collettivi, in: “Previsioni per garantire e previsioni per orientare Maestri 47-48”



Destini Individuali e collettivi, in: “Previsioni per garantire e previsioni per orientare   Maestri 47-48”

Quando, ad uno dei primi articoli della Costituzione, si legge, “riconosce i diritti della persona” e più avanti, anche quelli delle “associazioni formate da persone”, come ben illustra il Presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia: è determinato il soggetto, di cui, la Costituzione, tende a garantire il preesistente diritto che riguarda la persona ed anche in tutte le sue manifestazioni e necessità sociali.

Costituzione di cui, si sottolinea, l'essere stata scritta con un numero contenuto di termini della lingua italiana, poco più di un migliaio, rispetto a quelli che correntemente utilizziamo per esprimerci nelle nostre comuni interlocuzioni interpersonali, ammontanti a circa settemila, per far sì che proprio a tutti sia comprensibile.

Chiarita la finalità: l’esser garante dei cittadini dello Stato Italiano e con essi di tutte le persone che transitino sul suolo della Nazione Italiana, fu messo a punto un altro aspetto essenziale, la suddivisione dei poteri, in modo da garantire il controllo reciproco che essi esercitano, tra di loro.

Immancabile binomio, quello di garanzie personali e divisione dei poteri dello Stato, in qualsivoglia Costituzione, proprio perché principi che stanno alla base di ciascuna Democrazia e senza i quali, la convivenza civile di un popolo non è tale.

Garanzie di libertà che la scienza statistica aiuta o mina? Senza nulla togliere alla positività della previsione soprattutto quando si applica alla possibilità di fronteggiamento di emergenze, altrimenti sovvenenti in maniera repentina e che ci troverebbe impreparati.

Che poi, la complessità di gestione dei dati, abbia condotto, una volta resasi possibile, una certa autonomia dei sistemi informatici, a combinarli, sicché, interrogati, possano dar risposte, novelli oracoli, comporti il rilevamento delle più svariate informazioni, in cui, volenti o nolenti, saranno presenti anche dati riguardanti gli individui, in una qualche forma presenti nelle notizie trattate, è questione che merita nostre riflessioni in merito.

La sociologa Elena Esposito conduce un lineare e comunicativo percorso capace di informarci, adeguatamente, sulla progressione dei metodi ed i “progressi” delle previsioni e persino sui casi in cui le previsioni sono lo strumento stesso del loro inveramento, ma anche il contrario, ossia, autosconfessantesi. 

È emblematico il caso delle previsioni del traffico automobilistico intenso ad una certa ora che, se ascoltate e utilizzate per modificare conseguentemente gli orari di partenza, da molti utenti, possono portate al verificarsi di intensità di traffico negli orari che invece erano dati a traffico più scorrevole.

Da qui, il passo è breve per iniziare a nutrire dubbi sugli effetti che potrebbero avere tali previsioni, in termini di orientamento del comportamento degli individui, una volta assunto il ruolo degli antichi auguri. Chissà quanti, per testare la veridicità di un qualche oroscopo, hanno atteso che scorresse l’intera giornata prima di consultarlo, per poter, non condizionati dal sapere che genere di cose avrebbero potuto accaderci, verificare se esse ci siano realmente accadute. 

Ebbene, ci si trova a destreggiarsi in una palude di sabbie mobili perché proprio la soggettività interpretativa di quelle vaghe espressioni previsionali, sulla base anche dell’umore del momento, tendono a farcele recepire per avveratesi o all’inverso sconfessate.

Ecco allora la sociologa chiarirci come in realtà, una nuova frontiera è stata raggiunta dalla scienza della previsione, articolata in branche di settore sempre più finemente trattanti i dati per degli specifici obiettivi. Ci dovrebbe ancor più allarmare ciò, in quanto potrebbe riguardare la nostra profilazione individuale, tratta dalle più varie assunzioni di dati contenuti in quel gran pentolone della rete, in cui si riversa di tutto e che i sistemi previsionali generici, autogestentesi, perché "autoapprendenti", trattano.

La non selezione dei dati in trattamento, ad esempio, come si comporterà nei confronti delle fake new?
In tal caso, che affidabilità è attribuibile a tale sistema? Un sistema, quindi, vulnerabile nella sua capacità di discernimento, con spirito critico, del dato: vince la quantità a discapito della qualità, quando invece dovrebbe prevalere la responsabilità personale, ma di chi, visto che i governanti sempre più sono inclini a raffigurarsi come attuatori di diktat della “scienza”, provando a deresponsabilizzarsi nella formulazione di scelte limitanti le libertà personali?

Molte questioni sono state agitate, come, sempre, i sociologi sanno ben fare, e che, non sono secondarie nell’indirizzo del nostro futuro: sempre più allora è il caso di attingere alla nostra Costituzione Italiana per interrogarla su come opporci alla nuova potenziale barbarie.

Ci si può comunque dare una risposta di per se scontata, prima ancora che saggia: dotandoci tutti dell’Istruzione che punta a sviluppare al meglio il senso critico, il discernimento tra ciò che può essere bene per la società e ciò che invece danneggia le libertà individuali e collettive, e ciò evitando di essere costretti a cedere porzioni sempre più significative di libertà in cambio di millantate sicurezze che, tali si dimostrarono nel vissuto recentemente sperimentato.

Ciò deve riuscire a farci prediligere, in ogni campo, le scelte in cui prevale la componente diffusa rispetto alla accentrata, anche nel Sistema Sanitario. Pur rispetto ad un semplice dispositivo di protezione individuale, ci siamo accorti di come, la dipendenza da altri, per esso, ha probabilmente comportato la perdita di vite umane, per tardivo approvvigionamento, ed in assenza di scorte: vien da chiedersi allora dove sia stata impegnata tutta la potenza dei mezzi previsionali informatici, in merito a questa evenienza? 

Storia analoga a quella del non sviluppo di farmaci curanti malattie rare, da parte delle case farmaceutiche, aziende, e quindi da gestire per il profitto di privati e da cui non possiamo attenderci l’etica che è propria dello Stato: conseguirebbe che la ricerca e produzione di farmaci, essendo strategica per le garanzie al cittadino, debba essere statale, in assenza di leggi che vincolino il produttore all’etica delle garanzie di cura per tutti i cittadini.

Direi anche che a poco giova disporre di strumenti se il loro uso non è orientabile, dagli Stati, al benessere dei cittadini, il che pone la questione della democratizzazione, della condivisione pubblica, ampia, dei dati, non negando quanto pericoloso ciò possa essere, in termini di uso non etico di chicchessia.

Si ripropongono, quindi, le questioni della disponibilità e gestione di mezzi potenti, come ad esempio il nucleare, che è, comunque, strumento di potere.

Nel pendolo oscillante tra le due estreme opzioni: dotare tutti di qualsivoglia potere o annullare gli strumenti molto potenti, s’impone la necessità di una strada media tra le due potenziali barbarie quali sono sia la richiusura delle frontiere, strada difensiva, che il porre nelle mani di tutti il massimo del potere esercitabile.

Torniamo a dover ripartire dalla saggia scelta costituzionale dell’aver sempre poteri separati e reciprocamente controllantisi. Resta questo il modello da esportare per riportare sotto controllo poteri che se ne sono affrancati nel loro essere sovranazionali, globali e privati. 

Gioverà una autorevole entità globale a carattere elettivo che abbia giurisdizione sulla totalità del nostro mondo? Come si equilibrereranno in uno Stato mondiale, i poteri? Sarà sufficiente tenere separati i ruoli di Parlamento (promulgativo delle leggi), Governo (attuativo delle leggi) e Magistratura (applicativo, tra cui il costante controllo Costituzionale sulle leggi)?
E, senza con ciò cadere negli eccessi del burocraticismo?
Riuscendo ad avere voce autorevole e perentoria, rispetto ai poteri economici privati di aziende cosiddette multinazionali?







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