Messina: il ricordo ancora vivo di Graziella Campagna. Una vita spezzata dalla mafia
Dicembre dovrebbe essere un mese di festa, di allegria, in prossimità delle festività natalizie, ma non è per tutti così. Per la famiglia Campagna resterà per sempre un mese “buio”, in cui la crudeltà mafiosa gli ha strappato un bene prezioso : una figlia, una sorella, una vita. Uscire di casa per poi non tornare mai più è questo l’amaro destino di Graziella Campagna.
Giovane fanciulla di Saponara Superiore, comune italiano della città di Messina, Graziella cresce in una famiglia numerosa, di ben nove figli. Una vita serena, quella della giovane, dedita alla famiglia, al gioco con i coetanei, allo studio. Fino a quando un bel giorno, diciassettenne, decide di abbandonare gli studi e di lavorare per una sua indipendenza economica. Trova occupazione in una lavanderia nel paesino di Villafranca Tirrena, un impiego a nero che le garantisce solo 150 mila lire al mese. Unica sua responsabilità è di aver trovato nella tasca di una giacca un documento che rileva il vero nome di un cliente, un mafioso.
Il 12 dicembre del 1985, finito di lavorare, si dirige come abitudine alla fermata dell’autobus per rientrare a casa. Ma quell’autobus ritorna a casa senza di lei. Il 14 dicembre, due giorni dopo, il ritrovamento del corpo a Forte Campone, vicino Villafranca Tirrena. Piero Campagna riconosce la sorella e tra dolore e rabbia, la vede uccisa con ben cinque ferite d’arma da fuoco. Una ragazza siciliana senza alcuna colpa, se non quella di aver casualmente trovato un’informazione che le è costata tutta la vita.
Giovane fanciulla di Saponara Superiore, comune italiano della città di Messina, Graziella cresce in una famiglia numerosa, di ben nove figli. Una vita serena, quella della giovane, dedita alla famiglia, al gioco con i coetanei, allo studio. Fino a quando un bel giorno, diciassettenne, decide di abbandonare gli studi e di lavorare per una sua indipendenza economica. Trova occupazione in una lavanderia nel paesino di Villafranca Tirrena, un impiego a nero che le garantisce solo 150 mila lire al mese. Unica sua responsabilità è di aver trovato nella tasca di una giacca un documento che rileva il vero nome di un cliente, un mafioso.
Il 12 dicembre del 1985, finito di lavorare, si dirige come abitudine alla fermata dell’autobus per rientrare a casa. Ma quell’autobus ritorna a casa senza di lei. Il 14 dicembre, due giorni dopo, il ritrovamento del corpo a Forte Campone, vicino Villafranca Tirrena. Piero Campagna riconosce la sorella e tra dolore e rabbia, la vede uccisa con ben cinque ferite d’arma da fuoco. Una ragazza siciliana senza alcuna colpa, se non quella di aver casualmente trovato un’informazione che le è costata tutta la vita.
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