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Il dono dell’ascolto e quello della parola.

“Mi manco”, così, dalla foto su un muro, di cui si dovrebbe dire: non si fa! Eppure, quel sasso nello stagno ha mosso, intanto la necessità di rispondere a quel messaggio giunto per Whatsapp.

In realtà, non personale, il messaggio, visto che è stato inserito nella sezione “il mio stato”, visibile a tutti i contatti dell’inviante. Più di un messaggio al singolo e meno di un messaggio a “tutti”, per un doppio motivo: non è a tutti perché non abbiamo tutti nei nostri contatti e questo per fortuna non l’ha nemmeno il server che conserva “tutto”; infatti conserva solo ciò che facciamo, casomai, chi è capace, proverà a dedurre con metodi scientifici che sempre sono imperfetti, cosa pensiamo; non è individuale perché visibile a più persone. 

Allora: chi sono i destinatari di quel messaggio? Solo coloro che incuriositi da qualcosa di cambiato nei loro elenchi di contatti, rappresentati ciascuno dall’immagine che ciascun singolo ha scelto per autorappresentarsi e che i più vivaci cambiano di tanto in tanto, a testimoniare che il proprio “stato” sta cambiando, è in mutazione, cambiato.

Avviene, come in questo caso: momentaneamente è stato aperto un dialogo su una questione, il non essere presenti a se stessi in modo chiaro, persino non riconoscersi, essere lontani dal se stessi di cui ci si era fatti una immagine stabile, la nostra idea del noi stessi.

Quindi, li, sotto gli occhi di tutti i nostri contatti, in realtà, muove un po’ più della constatazione del cambio, ma solo in coloro che decidono di ingrandire l’immagine che è pur passata lì per un tempo breve, prima che tornasse una immagine meno interrogativa a rappresentarci, una di quelle che abitualmente mettiamo, di noi stessi, dei nostri affetti, o di bei paesaggi.

Di due permessi avremmo necessitato per rendere pubblica, ad un gruppo di sconosciuti lettori, l’immagine di questo muro con l’espressione dell'emozione connessa, e di cui sempre una personale interpretazione diamo. Il permesso di chi l’ha postata e quello dell’originale autore, probabilmente introvabile perché un suo palesarsi equivarrebbe ad una autodenuncia per “modifica” del decoro pubblico, non l'ho. Un muro, pur privato che sia, è sempre parte della città in cui sta, almeno la sua faccia esposta sulla strada di tutti. Pertanto desisto da questo pur essenziale proposito e confido nell’anonimato di entrambi: l’autore ed il divulgatore. Palese ci sarò solo io.

In rete, cercando, con la piccola frase, si trova:..(aggiungerò parte di ciò che troverò nei commenti e chi ne trovasse di più convincenti per lei/lui, potrà fare altrettanto, contribuendo a questa piccola enciclopedia del “Mi manco!”

Perché dono dell’ascolto e della parola? Anche qui, solo una mia personale interpretazione: perché è stato necessario che qualcuno fosse in ascolto, mentre qualcun altro diceva, in questo caso, scrivendo su un muro. Una osservazione che non voglio far mancare: quell'originario, pur se non totalmente originale messaggio, come la rete ci confermerà, in realtà potrebbe essere stato lanciato anche ad una singola persona, pur se su un muro pubblico. Sta li, probabilmente lungo la strada che fa ogni giorno la/il destinatario e non è detto che comunicatore e destinatario siano due differenti persone, ossia, potrebbe essere anche un promemoria, per non ...dimenticarsi di se!

1 commento:

  1. Qualcuno si sarà accorto che ho aggiunto un punto esclamativo, con ciò falsando il senso della frase.
    Ho trasformato da constatazione ad esclamazione, quasi si fosse sorpresi.

    Lascio qui quest'ulteriore osservazione sulla necessità di esattezza del linguaggio.
    Se ci si vuole realmente capire ancor più necessiterà fare per ottenere questo risultato essenziale eppur difficilissimo da raggiungere, imperfetti come tutti siamo.

    Ho già in mente qualcosa di avvenuto lo scorso 26 per approfondire, ma..., il tempo di prepararlo e poi anche quest'ulteriore piccolo contributo troverà luogo e qualche rado lettore.

    Buon tutto a tutti
    Claudio Marchese

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