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Attendendo “Flatlandia”: “Notturno”

Attendendo Flatlandia: la lettura del libro come racconto di fantascienza e la realtà rivoluzionata dalla mutazione di un solo parametro. Dopo: “Arte e digitale: un binomio perfetto” articolo riguardante i Frattali ed il loro padre, Benoît Mandelbrot, appunto l’attenzione su un classico spostamento della realtà messo in atto in molti racconti di fantascienza e per non svelare molto dell’atteso Flatlandia, mi occupo di “Notturno” di Isaac Asimov che per primo, nelle mie letture adolescenziali, mi svelo il piccolo trucco per inventare un nuovo mondo. In Flatlandia sarà la bidimensionalità di quel mondo rispetto alla tridimensionalità di quello in cui viviamo.

In “Notturno” di Asimov, è la presenza di sette soli, attorno ad un pianeta, a marcare i due aspetti di analogia potenziale con il nostro pianeta terra, ed al contempo l’essere, di necessità, la storia di quel pianeta del tutto differente da quella del nostro.

Il racconto “Notturno” di Isaac Asimov, letto da ragazzo: secondo in indice nel primo volume della raccolta “il meglio di Asimov” del 1973, in prima edizione italiana negli Oscar tascabili Mondadori, è, senza dubbio, quello che più facilmente si ricorda. 

“Notturno” è anche un classico dal punto di vista della invenzione di una realtà immaginabile e costruibile semplicemente a partire dallo spostamento di un dato della realtà che più ci è familiare: quella terrestre e da cui poi discendono conseguenze che divaricano, ineluttabilmente, tali nuovi mondi, frutto di una semplice modificazione di un dato di realtà e che in questo caso si presenta come scambio numerico tra Pianeti del nostro sistema e numero di Soli in quello del racconto “Notturno”.

Il numero sette che rinvia ai nostri sette pianeti attorno al sole, si sposta: sono i soli ad esser sette ed il pianeta ad esser uno, nel sistema in cui i soli gli girano attorno. Se però si riflette, anche solo un’altra differenza sarebbe costituita dalla assenza della nostra luna: eppure...! Un solo pianeta e sette soli, pertanto, è sempre giorno, e, sempre secondo le nostre convenzioni, è notte solo ogni 2000 anni. Sottolineo l’analogia con il nostro tempo storico presente, quasi Asimov volesse accentuare l’immedesimazione sul potenziale livello di civiltà e progresso scientifico che quei due millenni possono aver prodotto. 

Che il racconto inizi con qualcuno che scosta una tenda, osserva la luce esterna di un fioco arancio e riaccosta con aria tra il rassegnato ed il preoccupato, è avvisaglia che qualcosa sta avvenendo, in quel mondo che ancora osserviamo-leggiamo come fosse il nostro ed invece è quell’altro, a fattori invertiti, per il conteggio di pianeti e soli.

La presenza di più fonti di illuminazione ci fa pensare all’assenza di buio ed a tutto ciò che vi consegue: non c’è stata necessità in tale mondo di sviluppare una tecnologia della luce e le tende ci dicono qualcosa sulla necessità di smorzare quella sua permanenza ed anche qualche avvisaglia sull’effetto depressivo di questo inatteso smorzamento di luce che sta procedendo da mesi, dando al potere l’occasione di rafforzarsi. Il potere è quello della religione che: depositaria delle verità e predicando la fine del mondo imminente, prova a far proseliti. 

Gli scienziati approntano esperimenti per contrastare gli effetti descritti come devastanti per la mente umana, tra cui la venuta delle stelle, simulata forando opportunamente cupole di vecchi templi e fattovi buio aprendo tali fori all’unisono.  Questo ci segnala anche che un tale mondo è isolato proprio perché la luce perenne esclude la visione del cielo e delle sue stelle, non esiste una astronomia perché non è mai visibile il cielo. Come accade sentir dire, la troppa luce acceca e non fa vedere oltre. Qui è tutto un mondo ed una Civiltà ad avere idea d’esser sola al mondo.

L’evento temuto accade, come ogni due millenni e la ricorrenza che ha insospettito gli scienziati, darà i suoi frutti. Ovviamente ve ne scrivo per indurvi a cercare il racconto, se le premesse vi incuriosiscono un po’.

In Flatlandia di cui lessi il libro, è la bidimensionalità a far la differenza in quel mondo, ma dovremo attendere per saper di più: intanto potremmo provarci ad immaginare le conseguenze di un mondo bidimensionale e persino di uno a quattro dimensioni, di cui più facilmente, nella contemporaneità ci accade di sentir dire grazie anche ad altri film o ragionamenti di scienziati, in cui la quarta dimensione è il tempo ed in particolare un tempo lungo cui ci si può muovere sia in avanti che indietro e per poi tornare al proprio tempo se lo si vuole e se davvero permane un siffatto radicamento dell’umanità ad una definita porzione del tempo che è semplicemente il primo in cui ci trovammo ad esistere, appena venuti al mondo.

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