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Integrazione culturale, in: Come un gatto in tangenziale




Gustoso film su una integrazione culturale tutta italiana e quindi di contiguità. Ciò che unisce, alla fine, è più di ciò che divide. Sono valori condivisi, è persino l’estrema divaricazione dell’estrazione sociale, a far costruire una comune conoscenza culturale del mondo tramite la contaminazione, quando è un fare possibilista a prevalere, tanto, quell'attrazione, è destinata a durare quanto un gatto in tangenziale.

Il luogo più probabile per l’insediarsi dell’immigrato è dove già sussiste uno stato di instabilità economica e conseguentemente il luogo ove si manifesteranno, acuite, le tensioni sociali, proprio perché già ve ne erano. Sulla lotta per la sopravvivenza si stratificano gli attriti relativi alle differenti tradizioni culturali e soprattutto quelle manifestazioni i cui effetti non sono facilmente contenibili, gli odori delle pietanze  tradizionali d’origine, ad esempio.

Accade che chi si occupa in modo asettico di un fenomeno, studiandolo facendo uso di statistiche, ad esempio, manca di cogliere aspetti che solo chi vive i fenomeni, conosce.
Non a caso, avendo voluto tenere in secondo piano presenze tangibili di extracomunitari, sono dialoghi, tra i due protagonisti principali, essenzialmente, sulla soglia della veranda, a testimoniarle. Qualcosa che sancisce continuamente l’impossibilità di ignorare tali presenze sono, come già accennato, gli odori delle differenti cucine che si espandono ed entrano invadentemente nelle vite degli altri, dalla veranda anche, a qualsiasi ora.

Quasi a voler sottolineare la nostra inadeguata propensione all’andar incontro all’altro, ad assorbire qualcosa del suo mondo, viene posta a protagonista la divergenza tra due ceti sociali per condizione economica, due mondi incomunicanti o comunicanti solo con abnegazione, disponibilità e rispetto dell’altro che passa da una comunanza di forma di interessamento ai figli.

L'accoglienza reciproca è propria degli spiriti più comunicativi, infatti: è la protagonista femminile excassiera di supermercato ad averla ed anche di chi, l'altro protagonista, si occupa di comprendere, anche tramite i libri che promuovono la conoscenza delle altre culture, oltre che per il tramite delle statistiche che usa per sintetizzare fenomeni ed attrarre risorse da investire per promuovere l'integrazione, nelle sedi istituzionali di livello europeo. Due mondi differentemente sensibili.

I protagonisti, nel film, sono rispettivamente madre del ragazzo e padre della ragazza. I ragazzi trovandosi bene assieme, si frequentano, ed i rispettivi genitori, dubbiosi in merito alla loro differente estrazione sociale, autonomamente, li tengono sotto osservazione. In tale attività i rispettivi padre di lei e madre di lui, si incontrano nel seguirli e questo comune interesse alla sorte ciascuno del proprio figlio diviene la base di uno scambio superante le divisioni.

Per i loro ragazzi decidono il non contrasto alla frequentazione, con il senso che probabilmente il loro feeling durerà quanto un gatto in tangenziale. Nella vicenda intervengono, in modo defilato, in relazione alla brevità del loro permanere in famiglia, i rispettivi, ad un tempo ingombranti ed evanescenti coniugi ed entourage (le gemelle da una parte e la domestica dall’altra).

Nella foto che illustra l'articolo è sintetizzato un altro versante, quello delle differenze di ceto economico che si incontrano anche nella genuinità dei giovanissimi figli dei protagonisti che superano le barriere tramite la loro gioventù, persino sancendolo, questo incontro, con lo stesso tatuaggio sull'interno del polso, mostrato ai rispettivi genitori.

Su una panchina, si ritrovano, la mamma del ragazzo ed il papà della ragazza, a laicamente ipotizzare che anche tra loro potrebbe durare quanto un gatto in tangenziale. Eppure, da spettatori, tifiamo per loro, avendo ammirato la loro capacità di reciprocamente affinarsi ed apprezzarsi.

I giovani? Forse più conservatori dei nostri due protagonisti, alla fine, non hanno attraversato il confine sociale, assorbiti ciascuno nella sfera dell’altro genitore, il più assente.
I protagonisti invece hanno saputo costruire: una attività coinvolgente le etnie di vicinato lei e una nuova consapevolezza dell'essere parte attiva delle contaminazioni culturali, in seno alle istituzioni comunitarie europee, lui.

4 commenti:

  1. Credo che la persona nn debba subire alcuna discriminazione basata sul colore della pelle , sulla propeia cultura o sulla propria condizione sociale.

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    1. Che dire: ben vengano le testimonianze di adesione culturale alla mescolanza. Grazie.

      Bellissimo riuscire a testimoniare la civica solidarietà, anche contro l'insensibilità di certe regole.
      A tal proposito, a testimonianza della provvidità della lentezza, copio ed incollo quanto mi giunse via email, come testimonianza di di quanto più su affermato. Sotto il titolo di: "Cose belle che..." di Gianpaolo Cassitta
      Ecco:
      ""Viaggio settimanalmente sul treno Sassari-Cagliari e con me, in maggioranza, ci sono ragazzi extracomunitari. Molti di loro scendono a Chilivani, altri ad Oristano, molti arrivano sino al capolinea. E’ un viaggio che faccio ormai da circa tre anni e quasi mai mi sono imbattuto in persone che non pagano il biglietto. Tutti, extracomunitari compresi, mostrano al controllore il loro documento di viaggio obliterato. Mi è capitato di leggere che sul treno Iglesias- Cagliari sette emigranti sono stati fatti scendere da una capotreno che li ha sorpresi senza biglietto. Avevano torto perché il biglietto si paga. L’altro giorno però ho assistito a qualcosa di incredibile e che solo in Italia può capitare. Il capotreno chiede il biglietto a tutti. Davanti a me un ragazzo extracomunitario che mostra il suo. Il controllore osserva la validità e subito si rende conto che quel biglietto è scaduto. Il ragazzo aveva acquistato il biglietto qualche giorno addietro ma non l’aveva utilizzato. Con le nuove regole – secondo il mio parere assurde – quel biglietto è emesso in una data giornata e vale solo per ventiquattro ore dall’acquisto. Poi, è da buttare. Il ragazzo, visibilmente ansioso, dice che lui non lo sapeva, che il biglietto lo aveva regolarmente pagato e che non era riuscito, quel determinato giorno ad utilizzarlo. Probabilmente è vero. Ha una faccia convincente. Il capotreno vacilla tra la dura lex ed il buonsenso. Si guarda intorno e attende che qualcuno gli suggerisca qualcosa, si aspetta quasi che qualcuno dica “lasci perdere”. Sono tentato di dirgli di provare a soprassedere, quando afferma che dovrà mettergli la multa: sessanta euro. Che il ragazzo non ha. Il capotreno si guarda intorno e quei pochi presenti lo osserviamo come sospesi. Ci sembra un moderno arbitro in attesa di una risposta da parte del VAR. Risposta che, ovviamente, non arriva. Ci pensa lui, da arbitro di vecchi tempi a risolvere la questione. “Quanti soldi hai?” chiede al ragazzo. “Dieci euro” risponde quello, sconsolato. “Bene. Stiamo per arrivare a Macomer. Scendi e fai il biglietto per Cagliari. Costa 11 euro. Te ne manca uno”. Lo dice guardandomi distrattamente, ma lo dice per cercare complicità. Chiaramente porgo l’euro al ragazzo che scende alla stazione e velocemente si reca in biglietteria per il biglietto lasciando tutta la sua roba sul sedile. Comincio ad essere un po’ ansioso. Chissà se riesce in tempo a farsi emettere il biglietto. Magari c’è la fila, magari qualcuno gli fa perdere tempo, il treno riparte e lui rimane a Macomer e le sue cose sul sedile. Poi, mi rendo conto che il capotreno, sornione, è sulla porta del treno che lo aspetta. Solo quando lo vede arrivare fischia e il treno riparte.

      Il ragazzo rientra e sorride. Porge il biglietto al capotreno che appone la sua formale vidimazione. Lo fa guardandomi con sincera e fiera complicità. Sorrido e mi viene in mente in un attimo, la locomotiva di Guccini: “trionfi la giustizia proletaria”. E’ solo un vecchio rigurgito giovanile ma lui, il capotreno, lo vedo come un piccolo eroe che è riuscito, degnamente, a risolvere un piccolo problema. E intanto corre corre la locomotiva…""

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  2. Per completezza di informazione:
    Postato da: Giampaolo Cassitta il: ottobre 15, 2018 In: Sardegne.

    Gliene sono infinitamente grato, come a chi oggi me lo girò.

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  3. Il segno è tutto di classe, dice che c'è ancora, nel paese molto di sano e che le sue radici sono in quel tempo ed in quella cultura che proprio perché condivisa anche tramite il potente veicolo musicale (la canzone di Guccini "Il treno") giunge a noi, non è svanita. Coltivare l'umanità e la disponibilità alla contaminazione, come il film rileva, pur con le difficoltà dell'essere "turbati" nelle proprie abitudini, è la strada che fa rinascere il paese. Ieri sera, l'intervista di Fazio al sindaco di Riace, a Che tempo che fa aggiunge argomenti di riflessione che altri volenterosi sapranno articolare, toccando magari le questioni del diritto ad una abitazione, per tutti e quant'altro chi se ne occupa in prima persona vorrà inserire in questo dibattito innescato dal film e dal recondito blogger che per primo commentò.
    A chi voglia portare altre testimonianze nel senso del valore di quella di Giampaolo Cassitta, benvenuti! Vi ascoltiamo per mettere in comune "Cose belle" dall'Italia.

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