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Nel tempo e nello spazio, in: La storia dell’amore




Il tempo è quello della vita umana, lo spazio: due continenti. Un po’ perché si è osservanti dell’andate e moltiplicatevi, ed un po’ perché c’è una grande coesione sociale nelle comunità, che da forza ai singoli individui, che i popoli più ricchi di tradizioni profondamente radicate, hanno destato invidie e volontà di violazione di tali integrità valoriali, negli altri.

Tracce e rilasci di effetti lungo il tempo di una vita, rendono il vissuto, ricco e coinvolgente, anche solo se almeno due sono figli della stessa storia. Anche qui: “dove saranno almeno due di voi...”, ciascuno è parte, memoria dell’altro, e che altro è l’effetto più potente dei sentimenti di amicizia e di amore, di cui è intriso tutto lo svolgimento della storia?

La condivisione sociale permane anche quando pure solo due sono a parte di un frammento di vita che li riguarda e non solo loro. Ecco allora che si pratica persino l’omissione nei confronti del soggetto su cui quel frammento di storia ha avuto determinanza.

La vita spensierata di quattro giovani ebrei tre ragazzi ed una ragazza che promette di sposarli tutti e tre per un decennio ciascuno, salvo l’ultimo, con cui vivrà sino alla fine dei loro giorni, è sconvolta. 

Le vite di tutta la comunità ebraica residente in un villaggio immerso nella campagna polacca è frantumata come in una perenne diaspora, dalla furia della guerra. Anche il gruppo dei quattro amici si divide, essendo inviata negli Stati Uniti d’America, la ragazza, per salvarsi. Lei ed il ragazzo a cui ha promesso d’esser sposa per i primi dieci anni, si ripromettono di ritrovarsi quando lui potrà a sua volta raggiungere New York, il che puntualmente avviene a fine della guerra.

I sentimenti si fissano, inchiostro sulla carta, ed al ragazzo, il più bravo del gruppo a scrivere comunicando emozioni, viene chiesto da lei di continuare a scrivere quei capitoli del suo libro e di inviarglieli, per mantenere intensamente vivo il loro rapporto e così lui fa, salvo che con il procedere, la guerra interrompe questa comunicazione.

In parallelo assistiamo al tempo presente del vissuto di una famiglia ed in particolare di una ragazza americana a New York, che svolge la sua personale ricerca per la comprensione del mondo e di se stessa. Anche questa famiglia ha origini ebraiche ed il grande innamorato della madre è assente dalla vita familiare, tanto che lei cerca di individuare figure paterne da far incontrare alla madre, ma più per confermare quanto la madre dice, ossia d’esser la donna più amata del mondo, che per sua necessità di figura paterna, che lei, invece se la cava proprio bene anche in assenza.

Degli sprazzi, di storia, in una breve riflessione, non ambiscono a sostituire alcunché, casomai a tratteggiare una cornice che in questa occasionalità del film “La storia dell’amore” è tutta focalizzata su due aspetti: la singolarità delle relazioni umane negli appartenenti alla cultura ebraica e le conseguenze di ciò.

La cultura orale, la diffusione di memoria della comunità e del proprio mondo interiore nell’altra forma di comunicazione che dovrebbe essere maggiore garanzia di perpetuazione nel tempo della cultura, si intrecciano. Ciò che è espresso con la voce è spesso memoria tratta da testi scritti e citati, come provai a far nelle prime righe di questo scritto e direi che ora basti accennare qualcosa in merito a quel libro che viene dai capitoli inviati per posta dall’amato, all’amata. Capitoli che divennero libro, che un figlio firma e pubblica, originando da ciò la sua fortuna come scrittore.

Figlio a cui, il padre è convinto, lui, come padre, si è svelato, proprio scrivendo il libro. Un altro libro, il padre, ha in manoscritto e, solo quando troverà il titolo, lo invierà a colui che ignaro d‘esser suo figlio, persino non avendolo mai incontrato, potrà esserne il lettore che decide per conto di una casa editrice per la sua pubblicazione. 

La interruzione di lettere dall’Europa, aveva convinto lei, la nostra protagonista, che lui fosse morto e fatto decidere di sposarsi li, in America, tenendo segreta la vera paternità del primo figlio.
Lui, il nostro protagonista, appena giunto ed incontratola, viene messo a parte di ciò assieme alla raccomandazione di non rivelarsi al figlio, per non turbare la sua normalità di vita.

E qui ancora un tratto emerge, del rispetto della forma assieme alle sensibilità, nella cultura ebraica, sino al punto di perpetuare una falsificazione della realtà, perenne. Relazioni spirituali creano legami più forti, a volte, della presenza fisica. 

È la giovanissima, nipote forse, a comprendere, rintracciato il manoscritto, riscritto, per via della commissione fatta a sua madre, traduttrice, di tradurlo per una nuova edizione che lo farà conoscere a tutto il mondo. Ritiene che quel libro riguardante secondo lei la sua famiglia e proprio la madre, in particolare, celi come mandante della commissione di traduzione, suo padre. Vengono a conoscersi, il nostro protagonista che potrebbe esserne il nonno e la ragazza, pienamente integrata per tutto ciò che riguarda gli aspetti esteriori alla società e ritmi americani contemporanei, eppure singolare in quella sua ricerca di assoluto, più ancora che di famiglia.

Molte altre relazioni ed altri personaggi significativi, completano il puzzle di questa storia di cui lascio a chi vedrà il film la comprensione più profonda del senso del suo titolo. Riguarda senz’altro qualcosa di più profondo di ciò che il termine, abusato nella contemporaneità, più non veicola.

Buona visione, quando lo rintraccerete e, quando fosse, un piccolo consiglio, se non lo trovaste al cinema: per quel paio d’ore, interrompete i contatti con la vostra contemporaneità. È film che, più di altri necessita di immersione in esso.


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