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Rapporti consapevoli, in: Nessuno come noi




Quando il bene di un rapporto genuino si presenta, cogliamolo sempre, ma deve essere davvero sentito: se è così, nessuna convenzione sociale gli è sopra, deve arretrare e lasciar spazio al miracolo di sintonie che sono rare a verificarsi. Ciascuno dovrebbe poter vivere questa condizione che sa di magico ma dovrebbe invece essere la normalità.

Allora cos’è che rende tali occasionalità rare? Noi stessi probabilmente, sia quando non capitoliamo di fronte alla disarmante genuinità di chi vuol stare con noi, sia quando non riusciamo ad essere genuinamente diretti con chi ancora non sente quello che noi sentiamo.

Sembra strano dir così, ma accade a volte che ci sia un non sincronismo che ci rende dubbiosi: non sia che, quando è l’altro che si sente ben disposto verso di noi, noi, memori del nostro penare, non fossimo disponibili. Per futili questioni di orgoglio potremmo rovinare la felicità che ci stava facendo visita.

Per fortuna, i protagonisti, comprendono con una certa rapidità cosa gli sta accadendo, pur non avendo rinunciato ai loro ritmi, alla loro vita pregressa, ai loro rapporti familiari, a quelli d’amicizia.

Ci si riconosce più facilmente quando in passato si son presi abbagli e forse, anche grazie a questo, si è acuita la capacità empatica di riconoscere colui/colei con cui si starà bene.

Questo accade ai protagonisti, lui con famiglia, un rapporto ormai stanco, formale, da rispetto dei ruoli, lei ormai tornata libera da un matrimonio in cui la sua indipendenza, prima piaceva, poi non era più accettata.

Che lei sia la professoressa del figlio di lui e che nella classe questo ragazzo giunge ad anno iniziato, venga affidato al migliore allievo, ne turba precedenti intese d’amicizia, e per lui di più, con una compagna di classe, muove la vicenda su un piano duplice, intrecciato a volte e parallelo altre.

La scuola come ambiente in cui si apprende la vita, ci si forma, non è secondaria, pur facendo da sfondo, quando incontriamo chi oltre ad esser bravo nell’insegnamento sa vedere negli animi, agevola i differenti talenti e sa affiancare facendo formazione: è il caso della nostra protagonista. 

Stentiamo a credere anche dalle espressioni di lui,  che lui senta il ruolo del formatore alla vita nell’insegnamento, arrogandolo tutto alla famiglia che invece è ambiente scarso di modelli. È comunque in differente collocazione lui, da insegnamento universitario, più distaccato, come forse non dovrebbe essere se si prendesse anch’esso il compito di formare l’uomo.

Le vicende dei tre ragazzi hanno dinamiche in cui la regia stimola la nostra capacità  di previsione mentre per quella degli adulti tifiamo, anche in relazione al loro essere maturamente diretti nel rapporto, di una genuina esattezza di lettura di ciò in cui non si vuole ricadere. Le pregresse esperienze li hanno resi saggiamente attenti ad essere sfacciatamente se stessi, soprattutto evidente nella bella interpretazione della protagonista, anche se, non da meno, pur se con altre espressività il protagonista.

Cosa resta da dire, oltre il classico invito a non perderlo? C’è: che non sembrano gli anni ottanta, tanto sono moderni e diretti i dialoghi ed i rapporti tra i protagonisti. Eppure questi rapporti sono proprio così, senza tempo, quindi: non dovremmo stupirci di guardarli come se si svolgessero nel nostro tempo. 

Non secondario che appaia il primo telefono mobile, novità per pochissimi al tempo e che ci aiuta a riflettere su quanto il nostro compagno più presente di oggi, complica la nostra liberazione da condizionamenti... la difficoltà di guardasi negli occhi, soprattutto.

È raro capirsi, non perdiamo mai di vivere questa magnifica esperienza.



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