2000...ed oggi- Scegliamo l’apparire io o l’essere noi?
Ed ecco, la sostituzione dell’uomo-macchina, con le macchine, i robot, più ubbidienti, e, soprattutto, non scioperanti per rivendicazioni salariali. Il problema dell’esclusione dal lavoro torna e la politica elabora un nuovo modello: la società ludica. Ossia: ci sarà chi avrà surplus e chi troverà impiego nell’industria culturalricreativa, quindi una massa sociale al servizio ancora, del benessere di tanti, ma sempre pochi rispetto all’umanità che si conta ormai in miliardi di individui.
È vero che, inizialmente, tende a diffondersi un qualche benessere, veicolato dalle agevolazioni tecnologiche alla vita, persino gli scambi “sociali” tramite telefonia e rete, si incrementano: qualche dubbio permane sulla loro qualità umana.
Perché dubbi? La persona presente, molto più che la sua voce, come prima è stato lo scritto, e, sempre più ora il collegamento audio-video, è soppiantata nella sua complessità comunicativa fatta anche di impercettibili reattività all’intorno fisico?
Se amiamo la vita, amiamo il teatro che la amplifica, ma anche, esplicitamente, guarda sotto un particolare aspetto la vita, la scompone per ricomporla, e poi, ogni volta, lo spettacolo è differente per via della reattività tra gli attori sulla scena ed il pubblico in platea. Ci si può sperticare a dire che appena sarà disponibile ai più la tecnologia virtuale potremo essere come presenti, come, appunto! Un simulacro non è mai l’intero.
Senza parlar della mutazione di personalità che accompagna la potenziale moltiplicazione di identità e ci fu maestro Luigi Pirandello, con il suo "Uno, nessuno, centomila". Infatti è sempre più evidente che potremo nasconderci dietro tante, false, identità, e a qual fine, per essere deresponsabilizzati forse?
È proprio questo che ci giova? Dobbiamo prender atto che una società che così tendesse a configurarsi stabilmente, o sempre in modo più estremo, è una società in fuga, come ognuno lo sarà o già è dal se stesso, anche se si crede potenziato! Un possibile annullamento: altro che guerre mondiali, mutazione verso l’autodistruzione.
È vero ogni sistema si va regolando, e si troveranno vie per evitare l’abuso del moltiplicarsi delle identità ed all’uscire fuori da se per inventarsi, almeno virtualmente, come si vorrebbe essere, piuttosto che valorizzarsi per come si è, per quello che si è. Gioverà poi chi si fa garante, e chi se non noi stessi? Altri? Quindi tutta la nostra potenza aumentata, non è sufficiente ad evitarci la spersonalizzazione possibile?
Chi investiremo, per nostra delega, a garantire la nostra sanità mentale? La politica? Quale eleggeremo, la più rassicurante che, avrà sbandierato pericoli, materializzati in altri individui che farà divenire nostri nemici? Ancora guerre quindi, di piccoli “privilegiati” contro altri piccoli, poveri?
E siamo al dunque, la velocità: ci è sfuggita di mano la nostra identità? È proprio questo che ci appaga? Fingerci come quelli che idolatriamo, pur costruiti anche loro e fragili, come ci testimoniano tante storie di divi, brevi, a volte tragiche?
Il naturale antidoto, per chi ancora può permetterselo, rallentare! Rallentare, ma non tanto da uscire dalle relazioni con gli altri, all’inverso, per ricostruirle, un numero limitato, quelle che possiamo gestire nel luogo fisico in cui siamo, rafforzarle! Nei nostri luoghi esprimendo al meglio il noi stessi, siamo in un sentire culturalmente comune.
Le altre comunicazioni, quelle per cui avremo via via meno interesse, le abbandoneremo come insoddisfacenti che, tanto, le mantenevamo solo per spirito di solidarietà con quella forma del noi stessi che voleva apparire, anziché essere. Terremo solo le relazioni umanamente significative. Ciò è ben sintetizzato dall’espressione: agire locale e pensare globale!
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