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Nel '900: il “noi” prima dell’”io” ...




Siamo sempre più presi dalla velocità e spesso questa si associa alla superficialità, ma sia chiaro, è un male sociale, non siamo malvagi!

Per i più questa affermazione, a cui assegnai un punto esclamativo, è liberatoria nei confronti di personali responsabilità. Eppure la società a cui abbiamo prontamente accollato la responsabilità la formiamo tutti noi, e già questo dovrebbe ripescare da una parte una qualche nostra porzione di responsabilità e stimolare dall’altra una nostra azione redentiva che ci deve vedere agire assieme ad altri per raddrizzare storture.

Accadeva, dove si manifestavano i cinquanta anni della rivoluzione culturale del '68, che venisse come cuore vero di quel movimento, il rivoluzionario “il noi prima dell’io” che a guardar bene è anche delle religioni che invitano alla fratellanza. 

L’associazione culturale italo-tedesca nella sua sezione messinese, prima che terminasse il 2018, invitò, presso la Biblioteca regionale, studiosi e protagonisti del ‘68 per dibatterne e riflettere, soprattutto, sulla forza scatenante che ebbe il '68: ciò innanzi ad un pubblico di giovanissimi delle scuole che, chissà cosa ne sapevano? Riflettere con il metro della distanza critica: sono passati cinquanta anni e tanto è accaduto alle nostre vite ed alla società soprattutto, grazie all'essere esistito il movimento del '68. 

Le società, nel male come nel bene, hanno assorbito, adottato, ed a volte anche travisato e tradito principi e modi che lì, nel '68, si forgiarono e fecero compiere, alle società che ne furono attraversate, un grande balzo in termini di presa di coscienza della realtà e distacco dai retaggi ottocenteschi che si erano trascinati sin dentro il secolo giovane, altri dicono anche: il secolo breve (dal titolo del libro di Eric Hobsbawm, nell'ottima voce su Wikipedia). 

Il 1900 è il secolo delle due guerre mondiali, il che rende esplicito come non fosse più possibile disconoscere cosa avvenisse nelle altre nazioni, se non altro perché lasciando che le dittature si rafforzassero, si sarebbero trovate, le giovani democrazie e tutte le sovranità nazionali, in serio pericolo, a loro volta. 

Il più intenso spirito aggregativo, comunitario, riguardò quindi, nel secolo scorso, l’azione di guerra contro la minaccia dell’invasione dei giovani Stati nazionali da parte delle dittature. Quindi, di necessità, per reagire e non soccombere, venne il raggruppamento in bande partigiane di resistenza agli invasori, non potendo più contare sugli eserciti, prima che gli Alleati sbarcassero in Europa con i loro, a porre un potente  contrasto con imponenti mezzi, all'avanzata delle dittature. 

Venne poi, dopo la vittoria, e dopo la splendida esperienza di solidarietà, in italia ben illustrata dal cinema Neorealista, un grande impulso alla nostra vita di tutti i giorni ad opera di: invenzioni, scoperte ed applicazioni utili nella vita quotidiana, soprattutto, e tra queste l'automobile che ci fece conquistare la mobilità autonoma diffusa, anche verso mete raggiungibili prima solo con mezzi pubblici e viaggi lunghi e tortuosi. 

Fu la riconversione delle industrie produttrici di mezzi militari a dare il grande impulso alla modernizzazione civile. Non dimentichiamo poi che, le origini del computer stanno nella macchina decifratrice dei messaggi in codice, quelli prodotti da un'altra macchina, "Enigma", usati per comunicare ordini militari in guerra. E' la macchina antesignana del computer, che fece vincere la guerra, anticipando le mosse avversarie decodificandone i messaggi cifrati. 

Vita che fu caratterizzata ancor più di prima nel lavoro nell'industria, sia come lavoratori impiegati a produrre gli ausili di comodità che come fruitori di comodità. E' la rivoluzione tecnologica meccanica che è poi proseguita in quella elettronica ed informatica il cui picco nelle nostre vite inizia negli ultimi decenni del secolo scorso e schizza dentro il nostro.
  
Ebbene, senza nulla togliere a tutto ciò, è sempre il ‘68 il vero fenomeno: grande e giovane laboratorio culturale dello spirito egualitario, e della coscienza collettiva. La macchina mediatica del tempo, ancora prevalentemente in mano a pochi, pensò, per sua utilità, tanto spaventata era, di ridurlo a mero fenomeno di costume: i capelloni.

Siamo certi che non fu sottovalutazione ma proprio autodifesa di un sistema che appena riorganizzatosi, dopo le guerre mondiali, correva sul binario economicistico, quello dell’economia di mercato, il consumismo, per essere più espliciti e, quel movimento, il '68, turbava i sonni dei benpensanti assieme a quelli dei poteri forti.

Pertanto: fu data in pasto alle ingenue masse la speranza di futuro in questi termini: più si consuma, più si deve produrre e così sarà sconfitta la disoccupazione. Ma, non si facevano i conti con la catena di montaggio la cui disumanizzazione era già stata denunciata da Charlie Chaplin con il film “Tempi moderni” ed in "Metropolis" di Fritz Lang.





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