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Contaminazioni reciproche, in: Benvenuto in Germania



Restare se stessi, eppure, contaminarsi positivamente con l’altro: riducendo all’osso, questo il tema-messaggio veicolato.

Entra sulle questioni dell’attualità, ma cambiando il punto di vista: soprattutto affermando quanto positivo possa essere confermare quei legami che poi sono capaci di dar forza all’azione individuale.

Viene evidenziato il valore e la necessarietà di spendersi nel contesto in cui ci si è formati e molla di ciò è la variabile che viene ad essere incarnata dall’accolto, di origini africane, nella ormai slegata famiglia tedesca attuale, ma potrebbe essere rappresentativa di quella europea e persino dell’insieme dell’occidente, se non dell’insieme delle culture.

I componenti della famiglia hanno la loro storia ed è come se l’avessero consumata, non molto differentemente dalle nostre realtà giornaliere. Certo c’è l’enfasi dell’eccezione e persino del paradossale: solo così, in realtà, da una parte non siamo noi, e dall’altra, se ci riescono loro, allora, ci possiamo riuscire anche noi. Schema essenziale per aprire le porte dell’intelletto!

Figlio con determinazione di affermazione affaristica di scala internazionale e figlia ancora in fase di sondaggio della sua potenziale collocazione nella vita, pur trentenne, vivono fuori dalla casa dei genitori che, giunti alla soglia pensionistica, vivono, lui, continuamente riaffermante il suo ruolo nell’ospedale in cui è primario chirurgo, lei cercando ricollocazioni che riempiano di senso questo nuovo passaggio della vita.

Entrano da protagonisti nella storia, sia una comunità di immigrati ed uno in particolare che verrà ospitato, l’adolescente nipote, figlio del figlio che è pure separato ed il medico che è secondo al primario e che sa spendere positivamente il suo tempo in attività sportive all’aperto con un gruppo eterogeneo che guida.

Le storie personali dei componenti della famiglia, ormai sostanzialmente slegata, approdano a probabili e prevedibili esiti, nella loro collocazione sociale: la separazione matrimoniale per il figlio,  il ritorno a casa, per fuga dalle improbabili storie relazionali per la figlia, la frequentazione di ringiovanite quarantenni per il marito, la ripresa del desiderio di accudire qualcuno più debole, la moglie.

È l’accoglienza data ad un giovane africano giunto, come tanti altri anche di differenti etnie, in Germania, con il desiderio di ricostruire la propria vita, perduta tutta la famiglia nel suo paese natale, la svolta scelta dalla moglie e fatta accettare al marito.

Le differenze culturali sono evidenti in quella logica elementare, che l’accolto immette nei deteriorati rapporti familiari, divenendo elemento per il rientro in se stessi dell’intero gruppo familiare. Scorgiamo così che culture lontane, contaminandosi, apprendono nuovi modi di relazionarsi con le eventualità della vita.

Ciò che è più bello, trova nel linguaggio del racconto cinematografico, nel ritmo, nelle invenzioni, nel radicamento nei fenomeni culturali del nostro tempo, quell’humus in cui può fiorire quel piacere di condividere spesso estraneo alle procedure burocratiche di convalida di soggiorno.

Gustose, la totalità delle situazioni plausibilissime, eppur singolarità, ancora, ai nostri occhi: l’insieme dello svolgersi, con una fluida chiave di lettura della contemporaneità è garante oltre che della piacevolezza dello spettacolo filmico, anche della apertura della nostra mente a potenziali nuovi scenari relazionali, di grande positività e soddisfazione per tutti. Se non è questa la progettualità che oggi ci giova e rende operativamente pronti a spendersi, questo film poteva essere non fatto, mentre per fortuna c’è.

Non è semplice, ma sembra che, la disgregazione familiare, alla stessa stregua di quella sociale, proprio in questa fluidità trovino l’occasione migliore per riformulazioni di assetti positivi per le vite di tutti. Avviene il singolare eppur riproducibilissimo contaminarsi reciproco che segna una tappa essenziale, una chiave di volta dell’evoluzione sociale sostenibile.

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