banner

Breaking News

Padre Insana: una vita al servizio degli Ultimi

Padre Giuseppe Insana, detto Pippo, nasce nella provincia di Messina, e più precisamente a Monforte, nel '44. È un bambino normalissimo e vivace, che ama intensamente i propri genitori ed i nonni, essendone nell'amore profondamente ricambiato.

È particolarmente colpito dalla dottrina di Charles De Foucauld ed i "Piccoli fratelli del Vangelo", un grande desiderio di pace e giustizia sociale tra gli uomini, e frequenta il Seminario, recandosi a Santa Lucia del Mela e successivamente a Messina, segnato dalla vocazione che giunge, incontrovertibilmente, ai 23 anni di età.

Divenuto cappellano carcerario, tutta la propria vita sarà comunque incentrata nel tentativo di raggiungimento per 'gli Ultimi' dell'integrazione nella società umana.
Tra questi 'Ultimi', padre Pippo, pone gli 'ospiti' degli 'Ospedali psichiatrici giudiziari' (O.p.g.) - ma anche i posti a volte sub iudice dell'U.e.p.e., l'organismo esecutivo per le pene esterne - spesso internati ingiustamente e sempre paganti un alto prezzo d'immense sofferenze, battendosi in prima persona non tanto per una religione composta da soli precetti esterni, ma per la realizzazione anche in terra di un regno di giustizia equanime, capace di fornire dignità a tutti gli uomini, nella più completa inclusione e nella condivisione del disagio altrui.

La legge 81 del 2014 ha finalmente stabilito la chiusura degli 'Ospedali psichiatrici giudiziari' (definiti dall’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano quali “estremo orrore”): da allora ogni regione italiana è tenuta ad impegnarsi a prendersi carico dei propri pazienti psichiatrico-forensi.

Cominciata quindi la corsa alla costituzione delle 'R.e.m.s.'  (Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza), ci si vede però costretti istituzionalmente a confrontarsi con naturali differenze regionali nella misura della relativa efficienza.

Questa riforma, che porta alla chiusura degli 'Ospedali psichiatrici giudiziari', trova suo precedente e fondamento teorico nella 'legge Franco Basaglia', o 'legge 180', approvata dal Parlamento italiano il 13 maggio 1978 e che consentì finalmente il passaggio dalla mera custodia cautelativa con cura imposta al malato di mente ad una possibile inclusività', negante il facile accostamento concettuale tra malattia mentale e pericolosità sociale.

Padre Insana, come giudico' lei la legge Basaglia?

"Secondo me era un'ottima legge. Partendo dalla centralità dell'individuo ne rispettava l'umanità, seppure dal punto di vista laico -Basaglia non era credente ma credeva nell'uomo-, ed era attenta al concetto d'inclusione. Ricordiamo che spesso, negli ospedali psichiatrici giudiziari, venivano inseriti soggetti anche con patologie lievi o nulle, da barboni senza fissa dimora, a persone incapaci d'intendere e di volere a volte rifiutati dai contesti familiari.

Questa legge venne tuttavia superata nella pratica dalla n.81/2014, e le 'O.p.g.' furono stigmatizzate quali luoghi non idonei a rispettare i diritti: l'internamento in 'O.p.g.' divenne quindi illegale e i soggiorni coatti degli internati vennero alfine definiti quali sorta di 'Ergastoli bianchi'."

E fu anche in parte per merito suo, padre Pippo, che fornì una spinta notevole, nei fatti, al superamento delle stesse 'O.p.g.', grazie alle vostre battaglie ed al vostro modello esemplare di casa di accoglienza...

"Noi demmo vita da un lato al 'Comitato stop O.p.g.', composto da medici psichiatrici, operatori della Magistratura e sindacalisti, provenienti in gran parte dalla Cgil, e, dall'altro lato, ad una struttura a 12 posti, dove i malati venivano curati in ambiente familiare.

Ci attivammo anche per ottenere sostegno dal Comune Igeano e da Cooperative di Milazzo ed Imprenditori di Barcellona ed organizzammo gite (a Rinella di Salina, a Capo S.Alessio, ecc...), cene mensili, attività teatrali, tutte cose che comportavano la partecipazione in primo piano dei 'nostri' malati, restituiti a nuova vita, nella profonda convinzione che l'ozio e la noia siano tra i peggiori assassini dell'animo."

Ma come nacque, in particolare, la vostra casa di accoglienza?

"Nacque per prima una forma di comunità, nel 1986, presso locali affittati in via Principe Amedeo, nella zona dell'Immacolata. Era una prima forma sperimentale ma già organizzavamo gite, vacanze, accoglienza a dimessi che non sapevano dove andare, corsi professionali all'esterno in semilibertà e inserimenti lavorativi per alcuni, quando ci era possibile.

Importante fu l'impegno del Magistrato Licata ed il suo pronunciamento in favore dei poveri 'internati, dimessi senza sapere dove andare', da noi regolarmente accolti. Trovammo sede più idonea sempre a Barcellona ed accogliemmo tanti, fino ad alcuni tra gli ultimi dimessi del 2015. La struttura è comunque ancora attiva fino ad oggi per accoglienza diurna ed attività riabilitative."

Lei subì anche una sorta di attentato intimidatorio: pensa forse di aver dato fastidio ad interessi del potere mafioso?

"Mi venne incendiata una motoape, ma non credetti mai ad un attentato mafioso, quanto piuttosto al gesto di un singolo. Incontrai tanta gente nella mia vita e magari a qualcuno posso aver creato qualche fastidio. Ma chi se ne importa in fondo: nella vita si superano cose ben peggiori."

Padre Pippo, oggi si parla tanto di crisi di vocazione: per lei questo crediamo non ci sia stato affatto. Come vede la situazione dell'uomo ed in particolare dei giovani e cosa potrebbe consigliare loro?

"Di coltivare e tenere stretti i loro ideali. Ma io non parlerei tanto di 'crisi vocazionale', quanto piuttosto di 'crisi d'identità' del Cristiano, della Chiesa e dell'individuo in genere. Oggi i giovani sono confusi da troppi falsi problemi e per la Chiesa, come intuito da Giovanni XXIII, Giovanni Paolo I (Albino Luciani) e, recentemente, da papa Francesco, è necessaria la rifondazione di una pastorale nuova, di una Chiesa davvero ispirata da Gesù. La Chiesa in cui credo, la mia Chiesa."

Ossia, chi e cosa può risultare davvero importante oggi?

"Colui che scommette sulla vita. Spendere la propria vita 'spezzando il pane', ponendosi a servizio. Ai giovani sembra non mancare nulla di materiale, in buona parte dei casi, ma ciò che si ha non è davvero apprezzato. Bisogna superare questa idolatria delle necessità materiali, con il rinnovarsi gioioso delle relazioni sociali."

Padre Insana, lei ha dei rimpianti?

"Beh, col senno di poi è anche facile trovarne: quello di non essere stato incisivo talvolta come avrei voluto, ad esempio."

Eppure lo è stato parecchio. Lei è stato citato e persino convocato delle volte in qualità di esperto sulle tematiche di cui si è occupato...

"Dovevano nascere due R.e.m.s. a Subbiaco e mi chiamò il sindaco del posto di allora per cercare un mio supporto. 

Ci fu anche una visita a sorpresa, in passato, da parte di una Commissione parlamentare del Senato e di Ignazio Marino, che giudicarono, insieme al presidente Giorgio Napolitano, 'insostenibile per un paese civile' tutta la situazione delle O.p.g., sostenendo in pratica i nostri intenti e dando forza alle nostre posizioni. 

Successivamente ci recammo a Roma 3 volte per perorare la nostra causa, e alla fine andò bene."

Tra tutte le migliaia di esperienze vissute, c'è qualche episodio che la colpì particolarmente più di altri e che le è rimasto nel cuore?

" Ce ne sono tanti, ma ne ricorderò uno in particolare: quello di un uomo di Palermo che lavorava da anni come motorista nelle navi. Non aveva dato segni di disturbo particolari ma un giorno, trovandosi alla stazione di Palermo, uccise due persone con un martello. Fu quindi rinchiuso in O.p.g., compensato da psicofarmaci ma, mi creda, sempre docile, gentile e collaborativo.

Dopo una proposta impropria del R.e.m.s., venne comunque inviato dal Magistrato di sorveglianza in famiglia, ma poi, per paura, venne rispettivamente assegnato ad un centro diurno e, successivamente, il Magistrato di Palermo ed il D.S.M. (Dipartimento Salute Mentale) relativo ne prolungarono le misure di sicurezza sempre per timore.

Ebbene, lei non potrà credere quanto enorme era la bontà e la generosità di quell'uomo che cercava in fondo solo inclusione e relazione con le persone. Ma una volta commesso qualcosa di così terribile è anche naturale che negli altri esseri umani si autoalimenti una paura incontrollata e ciò fu alla base della sottocultura degli internamenti in luoghi quasi da non vedere e dimenticare come manicomi od O.p.g. Invece la nostra terra potrebbe divenire per noi tutti una sorta di primo paradiso terreno se solo ci volessimo tutti più bene..."

Nessun commento