Parole mutanti di senso e di segno, in: “Maestri 15-16”
Parole mutanti di senso e di segno, in: “Maestri 15-16”
Due parole imperfette: designante un fenomeno che oggi consideriamo negativo, l’una, “Totalitarismi”, un istituto sociale-relazionale, l’altra, “Famiglia”, eppure perfette, se inserite nelle dinamiche del linguaggio, per sua stessa natura, mutante.
Ci viene ricordato che totalitarismo fu valore positivo nell’Italia fascista, mentre famiglia si continua a prestare a designare strutture differenti per estensione numerica e forme di rapporti in un comunque ristretto numero di individui legati da rapporti parentali... .
Affidate allo storico ... ... ed alla sociologa Chiara ..., le due lezioni si dipanano, stimolando in noi un’attesa giustificata dal loro venirsi a trovare assieme, una struttura statuale ed una riguardante invece un ristrettissimo gruppo di individui, quasi un globale rispetto ad un locale, di cui attendiamo di scoprire i nessi.
Totalitarismo, coniato in Italia da Amendola per definire la pervasività del fascismo, scopriamo che meglio si attaglia alle due dittature, la hitleriana e la staliniana, sicuramente più intenzionate o che comunque meglio son riuscite nel loro intento di escludere tutto ciò che non fosse di loro emanazione o allineato.
Famiglia di cui istintivamente penseremmo essere sufficientemente simile, planetariamente, tutt’altro scopriamo essere, proprio in virtù di tante differenti regole che determinano le relazioni tra i suoi componenti, al suo interno. Fattori sociali come la maggiore o minore uguaglianza tra i due formatori, ciò, sia nello spazio che nel tempo, implicano intercambiabilità o separazione di ruoli al suo interno, questo, se ci si sofferma a considerare la coppia, ma non è sempre stato così, che, di famiglie patriarcali e matriarcali è caratterizzata la storia di geografie neanche tanto lontane da noi.
Ancora più in dettaglio, le questioni di cosa sia coppia e cosa famiglia, segnalano, come nella consuetudine dei matrimoni decisi dalle famiglie dei due, destinati a vivere come marito e moglie, potrebbero non implicare che essi poi si sentano coppia, in quel senso affettivo che gli attribuiamo comunemente.
Molto più ancora l’intensità del legame sancito con il matrimonio, sperimentata attraverso la convivenza, la condivisione, e persino quella dell’affettività filiale, differente risulta rispetto a quando il momento del matrimonio veniva vissuto come una sorta di rito di passaggio, mutando repentinamente l’appartenenza familiare ed istituendosi li, tutte in una volta, le reciproche responsabilità.
Molto più ancora muta sulla base della eterogeneità o all’inverso omogeneità dei due componenti decisori della formazione ed in cui, la filiazione può derivare da processi differenti dalla procreazione ad opera dei due.
Nuove, anche se ormai ampiamente sperimentate socialmente, nel mondo, sono le famiglie ricomposte, per cui i figli hanno provenienze eterogenee ed appartenenze multiple.
Altro fattore di modificazione delle relazioni interne sono legate sia all’allineamento della vita che rende più probabile la contemporanea condizione di nipote e padre, in passato meno frequente.
Anche la esiguità della prole, modifica la struttura familiare che da prevalentemente orizzontale in termini di scambi, generazionalmente, vede, almeno potenzialmente, molti più scambi intergenerazionali, almeno all’interno della famiglia, cosiddetta allungata, oltre che allargata, per quanto sempre più separati risulti i i suoi componenti per effetto dei mutamenti sociali che mantengono all’esterno della casa, per lunghi periodi giornalieri, i suoi abitatori.
Quest’insieme di condizioni ha sicuramente mutato le modalità secondo cui possono espletarsi i ruoli dei componenti della famiglia, relegati i contatti a tempi limitati e difficoltosa la partecipazione alla vita degli altri componenti, prevalentemente sviluppata in altri ambienti, il lavorativo, come lo scolastico, ad esempio.
Se, una qualche pervasività, pur differente da un totalitarismo, informava la vita familiare, se nel male, si è allentata, nella forma benefica dell’interessamento alle problematiche degli altri componenti, l’esiguità dei legami, non aiuta forme affettive di cui gli individui hanno sempre necessità, come dimostrato, ad esempio, dalla diffusione di malattie legate al cattivo rapporto con il cibo, sia nella forma dell’anoressia che della bulimia, segnalatrici di carenze affettive.
Potendosi azzardare un, pur imperfetto, parallelismo tra democrazia e totalitarismo da una parte e forme di conduzioni familiari con analoghi tratti, ci si sente di auspicare che entrambe le forme associative, alle due pur molto differenti scale, tenderanno ad una comune forma.
Si sta cioè ipotizzando che i cittadini, ancora, si “formano” nella famiglia e che quindi alcuni esiti ala scala maggiore trovino migliori predisposizioni ad abbracciare una delle due strade, avendone sperimentato forme simili dentro l’anima famiglia e sia per rifiuto che per adesione che nel caso peggiore, si potrebbe configurare come un ribaltamento di stato, ad esempio, desiderando divenire “colui che comanda”. La pietosità di tali automatismi, ci da indirizzi precisi di azione, nella direzione del rafforzamento delle condivisioni sociali dentro l’anima famiglia, prima che i figli ne cerchino altrove, ove, non l’amorevole guida troverebbero ma, facilmente, tiranni travestiti da complici del percorso di affrancamento.
Dissimmetrie analoghe si riscontrarono anche nell’approfondimento di lettura di totalitarismi e nel presentarsi, ad esempio, in merito alla questione razziale, più simili la democrazia statunitense e ed il totalitarismo tedesco, negli anni trenta.
Ciò dovrebbe indurci ad usare appropriatamente i termini, per il loro stretto contenuto, non caricandoli di significati altri che invece sono fenomeni legati ad altre convinzioni che, come abbiamo appena segnalato, affliggevano popoli in due differenti conduzioni dello stato.
Più ampio dovrebbe manifestarsi il ragionamento sul valore dei termini e l’evitare il loro uso come sinonimi. In realtà ciascun termine è più o meno adeguato a descrivere una situazione, nel determinato contesto in cui decidiamo di usarlo.
A mo di chiusa, sull’argomento, riprendo l’osservazione, usata in apertura, del presentatore del programma, in questa puntata: che il Nazismo preferisse usare il termine organismo rispetto al simile, sistema, sapendo bene come le parole dominino i pensieri degli uomini, fu perché si intese togliere qualsivoglia astrazione e impalpabilità insita nella parola sistema a favore della fisicità sanguigna di organismo, velato persino da una sorta di ineluttabilità dell’essere “organizzati”, dal totalitarismo, per l’appunto.
Strana sorte quella di questa coppia di lezioni: da una parte termini scelti con feroce cura, dall’altra una struttura sociale che sotto lo stesso termine comprende forme diversissime e non solo a scandagliare nello spazio e nel tempo, ma persino nella contemporaneità. Misteri delle parole, che ci agiscono, come in una lezione precedente ci ricordava il linguista Serianni.
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