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Scuole di vita, in: “Teatro e Televisione Maestri 65-66”



Scuole di vita, in: “Teatro e Televisione   Maestri 65-66”

 

 

Sia Teatro che Pedagogia televisiva, ci aiutano a trovarci, a trovare, ciascuno, noi stessi.

 

È così anche nel racconto che Monica Guerritore, da attrice, fa del Teatro di Strehler, ed in quello che Aldo Grasso fa, da storico della televisione, dei programmi televisivi che sin dalla prima apparizione della televisione in Italia, assumono un compito, quello di avvicinare le classi sociali, quanto meno facendo sì che si intendano, parlando la stessa lingua.

 

Sono due strumenti differenti, Teatro e Televisione, e per tanto tempo, raggiungono anche un pubblico differente, ma non per scelta. 

 

Infatti è solo perché non sono abbastanza diffusi i teatri che il pubblico di quelle rappresentazioni è contenuto, che, invece, il Teatro, la rappresentazione teatrale, e quella raccontata dalla Guerritore, particolarmente, soprattutto quando Giorgio Strehler mette in scena Bertolt Brecht, si pone in simbiosi diretta con lo spettatore.

 

Nell’illuminar dal fondo, cancella i volti degli attori, li scarnifica nell’aspetto, quasi a renderle ombre, così non sono quella precisa persona, son tutte e ciò è ancora più straordinario quando entrano in scena, dalla platea, i sei personaggi in cerca d’autore, di Luigi Pirandello: rappresentanti non solo se stessi, ma le umane vicissitudini.

 

Viene attraversato il mito della caverna, di Platone e tant’altro, in una lezione che è in se, anche pezzo di Teatro, un po’ recitata ed un po’ confidenzialmente raccontando il vissuto delle esperienze proprie dell’attrice: una formazione per lunga osservazione, stando dall’altra parte, da quella dello sceneggiatore e del regista, soprattutto.

 

Quando il veicolo televisivo viene usato, non solo con i programmi espressamente pensati per finalità pedagogiche, svolge quel ruolo, ma è con quelli che sono graditi al grande pubblico che circola il linguaggio ed anche una sorta di enciclopedia, più uno zibaldone, come passa da trasmissioni come “Lascia o raddoppia”.

 

Lo spettacolo di successo con i suoi concorrenti-personaggio, con il Mike Bongiorno affabulante, sciolto, diretto, presentatore, capace di far sparire la costruzione di quelli che si manifestavano come piccoli schetc accaduti, lì, in diretta, pur se fossero andati in differita, da registrazione.

 

Erano gli anni in cui la diffusione della televisione non era tale da istituire, come poi fu, per un successivo periodo, una sorta di focolare domestico: all’inverso, era occasione di socializzazione più ampia, una sorta di cinema a cui si andava, ospiti nelle poche case di amici che l’avevano, il televisore.

 

Per i programmi didattici, furono allestiti in tutta Italia, centri di ascolto e visione televisivi, che contennero sino a sessantamila persone, distribuite in duemila centri, dando così l’opportunità del conseguimento della licenza media a tanti lavoratori che la scuola non l’avevano potuta frequentare da bimbi o da adolescenti. 

 

Si pose mano alla riduzione del fenomeno dell’analfabetismo, con forte spirito democratico, quello della nuova Repubblica che, provava a far sentire tutti, cittadini, un po’ più uguali.

 

Precedettero la popolarissima scuola del Maestro Manzi, che con la sua versatilità e naturale accoglienza, riusciva, anche con i suoi disegni a veicolare tutto quanto giovava all’alfabetizzazione, per parola e scrittura, le lezioni del Professor Cutolo, in forma di risposte a quesiti giunti per lettera ed a cui, in un clima familiare, muovendosi oltre la sua scrivania, tra grandi libri aperti e vari oggetti, volta a volta tratti dal famoso armadio Cutolo, conduceva alle risposte.

 

Resta una riflessione, oltre all’invito a rivedere la puntata, per i tanti spunti qui non espressi: l’emblematico titolo della popolarissima trasmissione del Maestro Manzi “Non è mai troppo tardi”, entrata, come espressione, nel lessico comune e che per le tante questioni odierne potrebbe far da faro, non certo per rinviare sine die, ma per cogliere, generosamente, l’opportunità di riorganizzare l’Italia.

 

L’Italia e non solo, perché con essa altro, nel mondo, non aveva preso una buona piega, e visto che apprendiamo la necessità di muovere con convinzione verso energie pulite, facciamolo in tutto il pianeta, con determinazione, consistente anche, semplicemente, nel chiudere tutte le attività estrattive di fonti energetiche non pulite.

 

Come?, ad esempio, tassandole tanto da non rendere più convenienti tali attività: ovviamente, in parallelo, dotandoci, con i proventi di quelle tassazioni temporalmente progressive, di tutto ciò che, pulito, ci garantisce la stessa quantità di energia: una transizione dolce.

 

Finanziare il passaggio al Green con il progressivo smantellamento economico delle estrattive inquinanti, sembra quanto meno equo: restituzione del mal tolto, risarcitorio per il danno provocato da pochi che sull’inquinamento hanno lucrato ingenti fortune. 

 

Ciò è nelle potenzialità di un autorevole governo sovranazionale per le questioni riguardanti la conservazione della specie umana: sarebbe sensato occuparsene con tutte le proprie forze, stringendo la politica a questi obiettivi.

 

Come?, ponendo come, conditio sine qua non, per il conferimento del proprio voto a questo o a quel partito, la dimostrazione da parte di essi, di tale volontà, Green, preparando leggi adeguate al fine, per ottenere la fiducia dell’elettore che, potrebbe far sentire il suo consenso su tale dimostrazione, già a settembre. Non un generico impegno, ma leggi strutturate e strategie di efficacia chiare.

 

Bisognerà avere anche il coraggio di disertare i seggi, porlo come arma di delegittimazione, se nessuno dei partiti in lizza, dovesse attendere con serietà  a tale richiesta. Le volontà  popolari debbono essere chiare per poter essere ascoltate, ancor più se l’avanzare degli anni avesse creato colpevoli sordità.

 

 

 

 

 

 

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