Messina Fiera
L'Articolo
È iniziato l'ultimo tormentone per uno degli appalti più preziosi per la Riqualificazione delle migliori architetture cittadine. La paralisi dei restauri dei padiglioni della Fiera, un anno dopo, non è terminata. I cantieri dell'Autorità portuale, arenatisi a fine agosto del 2019, a metà delle opere, non vengono riaperti. Il traguardo, il 6 maggio, sembrava quasi tagliato, visto che le imprese messinesi Lupò e De Domenico, aggiudicatarie dell'appalto da 5,4 milioni, realizzatrici a partire dal giugno 2017, avevano firmato, con riserva, la perizia di variante redatta dalla Direzione lavori. Ma quella riserva era spia di problemi non risolti, sul tema del restauro degli infissi a vetrata del Padiglione delle mostre e delle arti, splendido esempio (1954) del Razionalismo architettonico, opera di Francesco Pantano. ,
Adesso,dunque, la rottura: una divergenza quasi insanabile-ancorché non irreversibile-tra l'Autorità di sistema portuale e i tre componenti della Direzione lavori, ovvero sia i professori ed architetti di fama Laura Thermes e Franco Purini, romani, e Massimo Lo Curzio, messinese, i quali hanno ricevuto la nota di preavviso di avvio della procedura di revoca dell'incarico di direzione dei lavori. Adesso i professionisti, (vincitori, fin dal 2006, della gara per i restauri della Fiera (il Portale, il Padiglione delle mostre e l'edificio centrale "a nave") hanno 15 giorni per rispondere. Nel frattempo l'ente punta a nominare direttori di lavori, propri tecnici, per riaprire i cantieri. L'appalto è ormai completabile solo per gli infissi mancanti e i pavimenti a mosaico, del Padiglione delle mostre: degli altri due edifici, infatti, il portale è stato completato mentre "la nave" rimane accantonata in vista di un nuovo appalto, dopo la scoperta della corrosione interna dei pilastri. In breve, restano 4-5 mesi di lavori.
Ma perché questo nuovo stop traumatico? Procediamo con ordine. Il presidente dell'Authority, Mario Mega, e il responsabile del procedimento Massimiliano Maccarone, hanno condiviso la riserva espressa dalle imprese sul tipo di infisso in alluminio da commissionare ed installare per le grandi vetrate (circa 506 metri quadri) delle finestre del Padiglione delle mostre, ritenendo che, in attuazione delle richieste misure di larghezza e profondità del progetto originario di restauro, solo l'acciaio inox garantisca ottimali risultati in termini di durabilità e sicurezza. «Già nel 2018 ci si era accorti-ricostruisce Maccarone-che ai fini della sicurezza come anche delle infiltrazioni, la progettazione in alluminio di infissi del peso di 17° chili per metro quadro, dovesse essere rimodulata aumentandone l'ampiezza e la profondità. Siccome ciò avrebbe compromesso i canoni estetici e di restauro prescritti dalla Soprintendenza, questa soluzione risultò impossibile•>. In tempi recenti la svolta: «Riteniamo che secondo le misure del progetto, l'alluminio offre requisiti di resistenza e durata inferiori rispetto all'acciaio inox, i cui profilati hanno certificazioni ben precise e possono prodotti a taglio termico, senza alcun bisogno di essere testati, e risultano perfettamente verniciabili». E il prescritto alluminio? La Soprintendenza esige il rispetto dei canoni estetici e di restauro che comunque viene assicurato, non entra nel merito della sicurezza•>.
Diversa la logica seguita dalla Direzione lavori. I docenti di restauro non intendono discostarsi dal progetto originario di restauro approvato in conferenza dei servizi, che prevedeva l'infisso in alluminio, con telaio unico e sistema di apertura a bascula, che ricorda Lo Curzio-è stato ribadito come soluzione con la Soprintendenza quale responsabile dell'alta vigilanza per due volte nel 2019, anche con un apposito sopralluogo. Il prof. Lo Curzio nega che l'infisso "artigianale", in alluminio ponga rispetto all'acciaio inox problemi di certificabilità o di collaudo, visto che i profilati in questo metallo, secondo le dimensioni e gli spessori, possono essere sottoposti a prove di resistenza all'urto, agli agenti atmosferici e quindi ad un regolare collaudo statico. E fa anche esempi, come quello dei laboratori universitari. Ma su questo ed altri punti come i nuovi costi ritenuti eccessivi, il discorso si è incagliato.
Restando nella Fiera, un'altra importante notizia. L'impresa seconda classificata nella gara da 14 milioni per la demolizione ricostruzione del Teatro, ha presentato ricorso contro l'aggiudicazione all'Ati composta dal Consorzio stabile Progettisti Costruttori di Maletto e Beico Srl di Catania. «Attenderemo -spiega ora Mega l'esito dell'udienza cautelare davanti al Tar. Se la richiesta di sospensiva non sarà accolta, inizieremo i lavori•>
DOCOMOMO italia onlus
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per la documentazione e la conservazione
degli edifici e dei complessi urbani moderni
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e Ingegneria Informatica
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Alla Gazzetta del Sud, edizione di Messina
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all’attenzione del Capocronista dott. Lucio D’Amico e del dott. Alessandro Tumino
con preghiera di pubblicazione
All’Ordine degli Architetti della Provincia di Messina
architetti@messina.archiworld.it
All’ing. Mario Mega, Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale dello Stretto
protocollo@autoritaportualemessina.it
e, p.c. Alla Soprintendente per i Beni Culturali e Ambientali di Messina,
Architetto Mirella Vinci
soprime@regione.sicilia.it
Oggetto: Messina. Quartiere fieristico. Padiglione delle Mostre.
L’associazione Do.Co.Mo.Mo. Italia, referente a livello internazionale di
Do.Co.Mo.Mo. International (International working party for DOcumentation and
COnservation of buildings, sites and neighbourhoods of the MOdern MOvement), si
occupa, com’è noto della documentazione e conservazione dell’architettura italiana
del Novecento. Da anni l’associazione segue i lavori, appaltati nel giugno 2017, di
Restauro del Portale, del Padiglione delle Mostre e del padiglione Centrale del
quartiere fieristico di Messina.
Le tre architetture progettate dall’architetto Vincenzo Pantano e realizzate alla metà
del secolo scorso, costituiscono rilevanti esempi di matrice razionalista,
sopravvissute al loro autore prematuramente scomparso proprio quando le sue opere
venivano pubblicate e conosciute a livello internazionale. Basti citare, al riguardo, il
testo di Paolo Nestler Neues Bauen in Italien, pubblicato a Monaco nel 1954.
L’architetto Pantano viene affiancato ad architetti come Giuseppe Terragni, Mario
Ridolfi, Ignazio Gardella, Alberto Sartoris, Luigi Vietti, Pietro Lingeri, Luigi Vagnetti,
Mario De Renzi, Saverio Muratori, Giuseppe Samonà e molti altri emergenti delle
fasi precedente e successiva al secondo conflitto mondiale.
Dopo l’intervento sul Portale e il miglioramento sismico del Padiglione delle Mostre,
attendevamo la conclusione dei lavori per lanciare iniziative di divulgazione e studio
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di questo particolare patrimonio storico, costituito da architetture di rilevante
formulazione progettuale, da rivitalizzare con finalizzazioni essenzialmente culturali.
Il restauro, a cura dei proff. Francesco Purini, Laura Thermes e Massimo Lo Curzio,
ha comportato il recupero di parti degradate e la realizzazioni di parti funzionali,
come le scale esterne ai padiglioni, che stabiliscono un corretto e non invasivo
rapporto con le strutture preesistenti.
Ma si è appreso dal giornale Gazzetta del Sud del 18 giugno u.s. che i professionisti
indicati avrebbero in corso una procedura di ritiro dell’incarico essenzialmente
motivata dalla mancata adesione nella procedura di approvazione di una Perizia di
Variante richiesta dalla Stazione Appaltante (l’Autorità di Sistema Portuale dello
Stretto), per la sostituzione della tipologia di infissi del “Padiglione delle Mostre”,
originariamente in alluminio, che ora si vorrebbero realizzare in acciaio inox, con
spessori notevolmente maggiorati.
Riteniamo fondamentale chiarire che tale elemento non va considerato come parte
autonoma, avulsa dall’architettura dell’edificio, ma che esso era, anzi, una sorta di
convertitore di spazio. Di giorno, lo spazio esterno entrava in quelli interni,
ampliandone le prospettive e conferendo loro una straordinaria luminosità
naturale. Nelle ore serali, viceversa, gli spazi interni, illuminati artificialmente e
proiettati all’esterno con gli arredi e le persone che vi lavoravano, erano ben visibili
e alleggerivano in profondità il volume dell’edificio. Ciò era stato ottenuto grazie al
alla sottigliezza ed eleganza dei profili e dei telai e alle particolari aperture a
bascula, concepite per assicurare un opportuno ricambio d’aria nei periodi più caldi,
in cui si svolgevano le attività fieristiche. La leggerezza delle chiusure vetrate
costituisce, dunque, un filtro tra interno ed esterno, distintivo di tanta architettura
del ‘900 e ottenuto dall’architetto Pantani con l’utilizzo di infissi in alluminio che
allora, nel 1954, costituivano una assoluta novità. Tale circostanza contribuisce a
determinare la valenza storica e testimoniale dell’edificio, in aggiunta alle sue
intrinseche qualità architettoniche. Non a caso, nell’ambito dell’intero complesso,
esso è tutelato dalla Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Messina.
Ripristinare, dunque, gli elementi originari, non significa solo ricomporre l’immagine
dell’edificio, ma restituirgli le qualità spaziali e architettoniche e, in più, le valenze
storiche e testimoniali, che sarebbero del tutto alterate e obliterate dall’uso di
impropri elementi di chiusura del prospetto vetrato. E tale alterazione appare tanto
più incomprensibile se si pensa che i progettisti hanno accertato che gli infissi
originari in alluminio possono essere oggi riproposti, pur con tutti gli accorgimenti
tecnologici e strutturali necessari.
Roma, 27.06.2020
Architetto Ugo Carughi
Presidente Do.co.mo.mo. Italia
(già Direttore nella Soprintendenza per i Beni
Culturali e Paesaggistici di Napoli e provincia)
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