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Realtà virtuale e realtà quotidiana: quale differenza?

Da quando internet ha invaso la nostra vita quotidiana, è entrato nelle nostre menti, e perché no nei nostri cuori, sembra che la realtà virtuale abbia preso il sopravvento sul nostro modo di rapportarci con gli altri, sul nostro modo di vivere, appunto, la nostra vita. 

Me ne accorgo, in particolare, dai comportamenti di mia figlia, che sono gli stessi dei suoi coetanei, che a forza di stare nella realtà virtuale hanno imparato come si gestisce un sito, cosa fare in caso di errori, come sistemare quell'altro problema; insomma hanno imparato a "navigare" su internet, cosa che noi alla loro età non immaginavamo neanche. 

Alla loro età giocavamo con i soldatini di ferro o di plastica, avevamo l'arco con le frecce, non c'erano i cellulari (c'era il famoso telefono a gettoni), e per comunicare usavamo solo ed esclusivamente in casa il telefono. Adesso, specialmente da questi anni 2000 tutto è cambiato, e la differenza tra realtà virtuale e realtà quotidiana a mio modesto avviso è divenuta molto labile. 

Tutto si confonde, tutto si gestisce con molta fretta, e il passare ore e ore sul computer ha sfalsato la nostra esistenza, l'ha resa ingestibile. Mi domando e domando a voi che mi state leggendo: come uscirne? E soprattutto vogliamo veramente farlo? Noi genitori siamo impotenti di fronte a tutto questo? 

O invece, dobbiamo essere più severi e far capire ai nostri figli che la realtà non è quella che tu vedi, che tu "vivi" su una macchina, ma la realtà sta fuori di noi, sta nell'amico che ti parla, a volte ti rimprovera, a volte ti dà uno schiaffo; eh, si, questa è la vera realtà, il sentirsi vivo nel rapporto con gli altri, nel discutere con gli altri, nel bisticciarsi con gli altri, questo si, ti fa sentire vivo, ti fa sentire un uomo, una donna, un bambino, una bambina, un ragazzo, una ragazza. 

Allora, morale della favola, spogliamoci della realtà virtuale, per vivere ogni giorno un contatto vivo, sincero, pieno di amore, e anche di odio, con il tuo prossimo, ma l'importante è essere VIVO.  Ah, dimenticavo, questo non significa che internet bisogna buttarlo, no, ma usarlo con parsimonia e essere noi a gestirlo, non a farci gestire.

2 commenti:

  1. Commento a: Realtà virtuale e realtà quotidiana: quale differenza?
    Giovanni Tomasello agosto 22, 2017 Editoriale , giovani , Internet , primo piano , realtà virtuale (Parte 1)
    Viene posto un problema di misura, in fondo all'articolo del Direttore Giovanni Tomasello. E subito dopo viene da chiedersi: qual'è la giusta misura? Sarebbe facile rispondere: quella che l'individuo avverte come tale, ossia, che è una misura variabile da soggetto a soggetto. Infatti, come anche titoli di film ci ricordano: l'importante è non perdere il controllo, salvo poi a rivelarsi soggettivassimo il punto di vista e spesso non rispondente a realtà, la capacità di "Smetto quando voglio", che anche nel film era messa in dubbio. Per questa via, non giungiamo da alcuna parte che ci aiuti. Allora, che fare? Aver altro da fare! In fondo è ciò che il Direttore ci ha prospettato, elencando possibili attività che comportino la compresenza fisica, reale, di altri individui. Eppure, detta così, ha anche un che di tautologico. Argomentare, necessita! Ed allora mi provo a descrivere le carenze insite nel virtuale rispetto al reale: il contesto, intanto. L'inquadratura del virtuale è più lenta del nostro sguardo, provateci: eventualmente, zoomando, siamo a volte in grado di scegliere se avere in quell'istante il primo piano l'insieme o una inquadratura che abbraccia parzialmente l'ambiente e tutti gli altri che vi sono presenti. Dobbiamo sceglierlo ciò, e dare comandi per farlo avvenire. All'inverso, la nostra vista spazia, ruota sull'asse del nostro collo, presta attenzione in frazioni di secondo a dettagli ed insieme, passando da visioni intermedie che legano in modo continuo l'insieme delle informazioni che quindi ci giungono complete, ossia, integrate all'ambiente in cui ciò a cui assistiamo è contestualizzato. Il nostro reagire è immediato e cogliamo sfumature di espressioni, non solo del soggetto su cui è principalmente puntata la nostra attenzione, ma anche di tutti gli altri. Alcune realtà, quella aumentata, ad esempio ci restituisce analoghe complessità, eppure, la voce, ad esempio, risentendo, il suono, delle caratteristiche acustiche dell'ambiente in cui siamo, limita l'effetto presenza che, se pure riuscissimo a farla reagire, ricollocata in un ambiente comune, in realtà, rimarrà non coincidente con il contesto reale di uno dei due interlocutori. Qui su, solo un esempio di imperfezione "irriducibile". Se pure, stringente per quanto sia tale esemplificazione, non ci convincessimo, potremmo chiamare in campo gli altri nostri recettori, i sensi che hanno effetto sulla nostra percezione complessiva. Udito, ma anche termicità, che non a caso rientrano nei più sofisticati sistemi di "effetto presenza". Eppure, bardati di recettori artificiali come dovremmo essere per ricevere la simulazione della presenza, grazie ad artificiali prolungamenti del nostro corpo, quando mai, potremo condividere eventi che interessassero quella realtà fuori da noi e lontana? Potremmo, ad esempio, aiutare chi stesse inciampando ad evitarlo?

    Claudio Marchese

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  2. Commento a: Realtà virtuale e realtà quotidiana: quale differenza?
    Giovanni Tomasello agosto 22, 2017 Editoriale , giovani , Internet , primo piano , realtà virtuale (Parte 2)
    Credo che questo pur banale esempio, dellimpossibilità di aiutare a non cadere chi ha inciampato, sancisce un limite, rispetto all'esser in presenza. Dovremo attendere di possedere la totalità dei poteri dei supereroi per convincermi che, in nulla, la virtualità, risulti dissimile dall'essere in presenza, banalmente, fisica. Ho puntato sulla imperfezione per dimostrare il primato dell'essere in presenza, in termini di ricchezza dell'esperienza, per invitare a non perdere questa abitudine possibile, ogni qualvolta ci è possibile, vista la sua potenzialità, riservando a tutti quei casi in cui non è facilmente possibile attuarla, l'uso dell'alternativa virtuale, pur meno performante.
    Pongo ciò una questione di scelta che, soprattutto riguarda, a ben vedere il numero delle persone con cui scambiare. Anche questo è, e forse, ancor più che altri, elemento dirimente. La possibilità reale di poter stare in contatto con grandi masse di interlocutori, ha come effetto che si stia con tanti in contatto per tempi inferiori a quanto si potrebbe con un numero più contenuto di individui, il che ci porta a riflettere sul grado di feeling instaurabile. Ecco allora poter diagnosticare, assieme al male, la causa dell'insoddisfazione latente in chi dedica molto tempo ai contatti virtuali. Difficilmente si riesce ad essere selettivi, istituendosi nuove forme di cortesia che non ci permettono di trascurare dei contatti, pena il loro allontanamento e conseguente deterioramento del rapporto. Sempre più, non scegliamo; sono gli altri a scegliere per noi e ciò che più è incomprensibile o singolare, se volete, è che, tutti sentiamo che siamo più sollecitati che sollecitatori ed a volte è come se avessimo "tolto l'amicizia" che è frase crudissima. Se solo ci riflettiamo, togliere l’amicizia, porta dentro di se una inaudita violenza che spesso i più giovani non sono pronti a subire. Dovessi rinominare tale scritto, direi: l'ampliamento esponenziale delle relazioni, è a discapito della intensità di relazione. Concetto facilmente ammissibile perché ciò che comporta quantità non ci da problemi ad essere compreso, eppure tra le due quantità passa una questione puramente qualitativa.
    Probabilmente ciascuno dovrà esser capace di dosare proprio questi due aspetti, e, come sempre nelle questioni che riguardano la contemporaneità, sempre emerge la contrapposizione tra la quantità che è facilmente disponibile e la qualità che è sempre più una conquista davvero difficoltosa e per cui necessita aver almeno una volta dedicato del tempo alla riflessione sulla questione, per applicare la coscienza critica riemersa in questa pratica. Sostanzialmente un chiedersi sempre cosa si desidera e se le pratiche ricorrenti e diffuse, facenti parte del nostro quotidiano, realmente ci potranno portare alla soddisfazione di quello specifico bisogno che in sintesi può essere espresso con: essere ascoltati ed accolti-aiutati, nel superamento delle difficoltà.

    Claudio Marchese

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