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Spersonalizzazioni? Individuiamo la cura

Continuiamo a parlare di lavoro. Dopo la prima parte dedicata al miglior modo di presentarsi per ottenere una occupazione e non subire la possibile 'spersonalizzazione', adesso ricerchiamo la cura. "La via passa - scrive il Prof. Marchese - per una rigorosa ricostruzione culturale delle forme di relazioni interpersonali ed inciderà sul ritorno degli imprenditori al timone delle aziende, in sostituzione dei finanzieri dei comitati di gestione famelici di dividendi. La ricostruzione di un'etica e la rimessa in virtuosa collaborazione delle differenti forze in gioco, garantendo, come nell'olivettiana esperienza di "comunità" una sostanziale partecipazione di tutti alla cosa di tutti, che in campo ampio è lo stato, il luogo in cui si attualizza il patto sociale di buona convivenza."

Ebbene, Adriano Olivetti ebbe la singolare intuizione che ciò dovesse partire dalla sperimentazione felice in un ambito ancora ben controllabile da tutti, ossia gestibile in forma collettiva, assembleare, dando a ciascuna componente, fissati gli obiettivi, l'opportunità di indicare cosa si potesse migliorare nel senso di perfezionamento della produzione che passa per la soddisfazione del poter essere parte insostituibile di un pur limitato settore di produzione per acquisita esperienza. Il sostegno dato alle necessità familiari dei lavoratori, come ad esempio le mense e l'abitazione, e più ancora i servizi come ad esempio le scuole materne di azienda. Ciò comporta un saper vedere di un gruppo dirigente capace di saper intuire e non solo,che ne ragionerebbe anche con il lavoratore, la sua più adeguata collocazione. E si badi, ciò passa per una naturale inclinazione alla specifica mansione ed ai ritmi che è nelle condizioni di sostenere, garantendo il miglior rendimento da lui esplicabile."

"Da queste brevi riflessioni - conclude Marchese - traspare ancora l'inadeguatezza ai fini di una ripresa etica della società che, se da un lato non può, sembrerebbe, ricalcare modelli da prima epoca della rivoluzione industriale, in cui ancora si contaminavano il modello artigianale con quello della produzione per un mercato di massa e, quindi, propriamente industriale, neppure l'odierna alienazione lavorativa può socialmente essere sostenuta quando certi lavori sono le aziende stesse a calendarizzarli su una vita attiva del lavoratore contenuta in un quinquennio e per lavoratori entro una fascia d'età in cui la formazione di una famiglia rende consenziente il lavoratore a ritmi non umani. Ciò per essere dichiarati obsoleti allo scadere del tempo quinquennale di età ritenuta produttiva dall'azienda, ed essere accollati alle ammortizzazioni sociali, scaricando il fardello sulla compagine sociale che, in assenza di contribuzioni adeguate, crollerà e con esso il sistema di ammortizzazioni, il patto sociale, sostanzialmente tradito dalla connivenza tra politica e produzione". Concluderemo questa nostra disamina sul lavoro come è inteso oggi nei prossimi giorni esplorando il sistema di cura della possibile spersonalizzazione.

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