Messina: razzismo, ignoranza ed altri effetti della "cura Salvini"
A quanto pare una donna di Messina avrebbe usato parole razziste nei confronti di due giovani migranti di colore, impegnati in servizi di giardinaggio per conto del Comune; nei pressi della chiesa di Montalto. La donna avrebbe indicato nei migranti la causa del degrado nel capoluogo peloritano.
A pensarci bene questa nostra concittadina non fa altro che ripetere concetti, ascoltati in televisione (o sui social-network) magari da Salvini o da qualche altro esponente leghista con inclinazioni particolarmente xenofobe. Credo che si tratti di un semplice fenomeno emulativo che nasce dall'ignoranza e dal malessere; un po' come negli anni della "peste nera" si cercavano gli "untori".
E' anche vero però che la città è sprofondata in una tremenda crisi economica: chiudono le scuole elementari, gli ospedali, le aziende e quant'altro. Di conseguenza è tutt'altro che semplice gestire anche l'imponente flusso migratorio e collocare a livello lavorativo i migranti senza finire per scontentare i disoccupati messinesi.
Un dato che appare certo è l'espansione del bacino elettore del leader leghista anche nella città dello Stretto. Nel momento in cui la popolazione inizia a ripetere (quasi a modi pappagallo e senza cognizione di causa) determinati concetti, significa che la propaganda xenofoba sta sortendo i suoi effetti anche a Messina.
Tuttavia, lo stesso Salvini è un prodotto della politica governativa forse troppo buonista (talvolta sconsiderata) nel contesto dell'immigrazione. Se il flusso migratorio fosse gestito con la giusta dose di buonsenso ed equilibrio, probabilmente la figura politica di Salvini perderebbe tutto il suo magnetismo nei confronti dell'elettorato.
Intanto l’assessore all'Ambiente, Daniele Ialacqua ha trasmesso una nota per condannare quanto accaduto. Riportando le parole della signora che ieri mattina ha urlato contro i due migranti: “Questi neri stanno distruggendo una città, c’era un albero e lo hanno distrutto… qui era bellissimo tutto verde”.
Ialacqua sottolinea che i due giovani della comunità di Cristo Re stavano effettuando la manutenzione degli spazi verdi in forza della delibera “Verde bene comune” dell’assessorato Ambiente, grazie alla quale, lo scorso anno, erano stati dati in adozione la scalinata “Rampa della Colomba” e lo spazio intorno alla fontana Basicò.
“Mi vergogno come messinese che una concittadina possa esprimersi in questi termini – dichiara l’assessore – gli insulti razzisti e xenofobi urlati da quella signora sono inaccettabili e vanno condannati senza se e senza ma. Promuoverò nei prossimi giorni un’iniziativa sulla Rampa della Colomba, che porta al Santuario di Montalto, in solidarietà con i giovani migranti insultati, per ribadire che l’Amministrazione vuole contrastare il clima di odio, fomentato da certe forze politiche e da certi ambienti, che va isolato e sconfitto con i valori della democrazia, della solidarietà e dell’accoglienza. Restiamo umani.”
Messina, razzismo, ignoranza ed altri effetti della “cura Salvini”
RispondiEliminaCorsaro del Sud gennaio 26, 2018 Ialacqua , Messina , razzismo , Salvini
Condannare!: parola pesantissima ed odiosissima, se non altro per l'improprietà dell'assunzione di ruoli che non ci spettano. Una società che deve ricorrere alla condanna ha già perso la sua battaglia di civiltà. Per fortuna, l'importante è vincere le guerre. Quindi, ben vengano le iniziative per avvicinare le persone e per far cambiare direzione alla cura. Infatti, un lavoro di cura capillare necessita. Se non ci conosciamo, siamo potenziali antagonisti. Certo ci vuole la disponibilità a conoscersi, e sappiamo bene che è più facile in convivialità. E poi, si sa: "l'appetito vien mangiando" e "da cosa nasce cosa", pur se sono antichi detti, hanno validità senza scadenza. Creare occasioni per conoscersi, comporta magari apprezzarsi e da una parte riconoscere l'utilità del lavoro dell'ospitato e dall'altra, accettare la cultura dell'ospitante. Questo il ruolo dei cosiddetti "mediatori culturali"? Ne abbiamo tra noi? Possibile che, fatto salvo qualche piccolo errore, fosse vera l'espressione; il nostro buon Assessore, lo è in pectore! Pertanto, ciò che ci attendiamo non è una dimostrazione di rimostranze e disapprovazioni, bensì la creazione di un evento che faccia serenamente incontrare. Non necessitiamo di sapere se qualcuno ha più ragione di qualcun'altro, ma di stare assieme serenamente.
Claudio Marchese
P.S.
Una maggiore attenzione ai principi evangelici ci salvaguarderebbe da scivolate, anche se poi non così rovinose, ma segnale che, anche nei più disponibili, fa capolino una qualche intolleranza. Stiamo più uniti a cominciare dal chiedere a tutti di parlare in italiano, in pubblico. Si è fatta una scelta, quella di essere ospitati; e finché si adopererà una lingua diversa dall'italiano, vuol dire che ci si sente ospiti; non ci si starebbe disponendo ad acquisire la cultura del paese ospitante come parte significativa della propria vita. Ovviamente, altri aspetti culturali si sono già fatti strada nella cultura autoctona e quella culinaria ne è dimostrazione sia con l'ampia scelta di ristoranti etnici che con l'emulazione di comportamenti che i più aperti, ossia i giovani, hanno acquisito. Un minore esser imbalsamati entro principi inamovibili è sempre stato veicolo di crescita civile e culturale, che vanno sempre a braccetto, in tutte le epoche. Ciò che risulta oggi differente è il rapporto quantitativo che, se da una parte, giustamente, mantiene unite le varie comunità di origine estera, dall'altro, deve, attraverso un non esclusivismo, facilitare i processi di reciproca conoscenza. Anche il termine integrazione, invece, una latenza di separatezza, la porta e quindi è meglio tale concetto sia superato a vantaggio della reciprocità in condizioni di equilibri quantitativi, essenziali per creare scambio paritetico. Una via potrebbe essere il coinvolgimento di appartenenti alle tante differenti comunità etniche presenti in città. Un'assunzione di pari dignità è essenziale ed un frequentarsi in luoghi ed eventi interetnici non può che far bene all'amalgama che è concetto ben diverso da integrazione e che dovremmo più spesso usare in sostituzione del desueto e monodirezionato integrazione, ormai consumatosi in un’idea che chi viene deve adeguarsi tout court, abbandonando sostanzialmente la sua identità: Amalgama, quindi, al posto di integrazione. Questo è sempre stato lo stimolo alla crescita culturale di una comunità coesa, pur nelle differenze delle sue componenti, come in fondo, in uno stato democratico, sempre deve essere. Che lungo questo P.S.! Eppure…
Claudio Marchese