Messina, rischio licenziamento per 20 lavoratori Unieuro: insorge il M5S
La città di Messina sempre più in fase di smantellamento, anche a livello imprenditoriale: a quanto pare venti lavoratori del gruppo Unieuro sarebbero sul punto di ricevere la lettera di licenziamento. Il M5S si schiera a fianco dei lavoratori che rischiano di perdere l'occupazione. Tuttavia, Unieuro avrebbe già avviato le procedure di licenziamento collettivo per una cinquantina di negozi presenti sul territorio nazionale.
“Chiediamo l’apertura di un tavolo di trattativa in Prefettura – dicono i parlamentari regionali del M5S Antonio De Luca, Valentina Zafarana e il deputato nazionale uscente Francesco D’Uva – nonostante i risultati di fatturato in crescita, Unieuro ai lavoratori avrebbe motivato la scelta di chiudere il punto vendita per gli alti canoni di locazione e deciso di aprirne un nuovo negozio in Sardegna".
"A Messina sono circa 18 mila le unità immobiliari sfitte - aggiunge De Luca -, se il gruppo volesse attuare qui una politica di mantenimento delle attività potrebbe continuare ad investire optando per una soluzione alternativa. Appare incredibile che un gruppo con una capacità economica solida come Uniero non riesca a trovare un locale adatto alle sue esigenze, tanto più alla luce del fatto che diverse multinazionali hanno di recenti aperto nuovi punti vendita in città. Per questo chiediamo un intervento delle Istituzioni a tutela dei livelli occupazionali”.
Commento a: Messina, rischio licenziamento per 20 lavoratori Unieuro: insorge il M5S
RispondiEliminaCorsaro del Sud gennaio 30, 2018 lavoro , licenziamenti , M5S , Messina , Unieuro
Torno a riflettere a voce alta sui necessari strumenti per salvaguardare l'occupazione, promuovibili dalle istituzioni. Quando la questione riguardò potenziali delocalizzazioni di produzioni industriali, alla ricerca di mercati del lavoro più economici e meno garantisti, occorre dirlo, la riflessione si articolò su più piani, coinvolgendo le necessarie determinazioni della comunità europea, affinché non permanessero squilibri interni a scapito dei cittadini tutti. Alcuni cittadini della Comunità che perdevano il lavoro ed altri che lo acquisivano ma a condizioni svantaggiate. Si diedero allora degli input per acquisire strumenti e spazi per far procedere la produzione agli stessi operai in licenziamento, da parte dell'azienda, sotto la guida di un nuovo gruppo dirigente appositamente predisposto dallo stato proprio in salvaguardia dei diritti dei lavoratori e della nazione che quei beni di produzione ha contribuito a costituire per avviare e proseguire negli anni, l'attività.
Ora, qui, l'argomento messo in motivazione per la chiusura di un esercizio commerciale, appare essere: costi di gestione relativi ai locali di commercializzazione. Pur non convinti sia solo questa la reale motivazione preponderante, tanto che, si chiuderebbe per aprire in un'altra regione dove si riterrà di avere una minore concorrenza, sul mercato, da parte di altri operatori commerciali proponenti merce dello stesso settore commerciale. Questo caso sposta il ragionamento sulla necessaria riconversione di tanta occupazione, per sua natura, a tempo, proprio perché legata ad un andamento del mercato in dato settore commerciale. Anche la valenza di scambio commerciale con mercati esterni, qui non può essere, che, le attività di servizio, non possono che ricollocarsi in altre, seppur, solo analoghe attività di servizio, nell'immediato. La questione che si pone è quella della riconversione lavorativa e riqualificazione, per chi ha profittato di accesso senza specifica qualifica e necessariamente deve inserirsi in un percorso di riqualificazione; meglio nella produzione di beni esportabili, ma anche, eventualmente, nel quadro delle linee di indirizzo regionale per lo sviluppo di attività di servizio al turismo, ad esempio. Il turismo è settore in cui con l'intraprendenza, ci sono ancora spazi di mercato acquisibili e mantenibili, se ben gestiti nel mercato internazionale delle offerte della concorrenza dei paesi ad analoga vocazione. Pertanto il quadro non riguarda soltanto il diretto impiego nel turismo, ma anche nel campo della messa in fruizione dei beni culturali che sono un evidente richiamo turistico, al pari dell'apprezzato enogastronomico. Dobbiamo entrare nell'ottica dell'ottenimento della sicurezza garantita del lavoro, se ci si fa parte attiva di riconversione lavorativa, ben indirizzata. Ovviamente la sfida riguarda ancora un pool di strateghi, delle istituzioni pubbliche, dello sviluppo del mercato, in parallelo alla formazione di professionalità impiegabili in quel mercato.
Trovo pertanto, fossero giusti i miei presupposti, poco credibile la pur immediata e facile via della ricollocazione in più economici locali, dell'attività commerciale. Ciò, tra l’altro, mi induce ad osservare un quadro politico più incline alla lotta rivendicazionista, più da opposizione, che, di matura elaborazione di soluzioni, più sofferte, sicuramente, ma anche più realistiche e produttive socialmente.
Claudio Marchese