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Foibe: 11 mila morti, vittime di una ingiustificabile violenza

“Il 10 febbraio è la giornata - poco conosciuta - in cui si ricordano le foibe e l’esodo dei profughi giuliani, istriani e dalmati. Una ricorrenza civile per non dimenticare quella pagina buia della nostra storia, per troppo tempo del tutto ignorata” - scriveva Carlo Sgorlon, scrittore e narratore friulano, autore di romanzi che hanno come tema anche il dramma delle guerre mondiali e delle foibe. Istria e Dalmazia, nella prima metà del ‘900, furono teatro di violenti conflitti, con radici politiche ed etniche, che coinvolsero in primo piano l’Italia, prima e durante il Fascismo.

Che cosa sono le foibe? Un triste e crudele ricordo dell’umanità, "un atroce capitolo della storia", nell’immagine di una “profonda buca”, di fosse comuni per esecuzioni collettive, dove i prigionieri venivano legati “bruscamente” a coppie sull’orlo della foibe e uccisi, con una crudeltà mai vista,  con la mitragliatrice. Nella Venezia Giulia, durante e subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, si diffuse l’usanza di gettare nelle foibe i corpi delle vittime di scontri tra partigiani e nazifascisti.

I primi episodi si registrano intorno al 1943, precisamente nei territori dell’Istria, dove partigiani delle formazioni slave e anche gente comune, fucilarono o gettarono nelle foibe centinaia di italiani, considerati “i nemici del popolo”. Esecuzioni più intense avvennero durante i quaranta giorni dell’occupazione Jugoslava di Trieste, Gorizia e dell’Istria, nel 1945. Crimini terrificanti, che ebbero per vittime militari civili italiani, ma anche civili sloveni e croati. Un vero accanimento verso ingiuste vittime di un crudele destino: arrestati, deportati, torturati ed infine fucilati.

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