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Il catartico: "La luce sugli oceani"

Provo ad annotare, attraverso la formula-elencazione del: sarà che..., alcune possibilità di giustificazione degli eventi in “La luce sugli oceani”,  Derek Cianfrance il regista, M.L. Stedman l’autore del romanzo, Michael Fassbender (Tom) e Alicia Vikander (Isabel) i principali attori protagonisti e Rachel Weisz nel ruolo della madre di Lucy-Grace.

Sarà che alla fine di una guerra si è in vario modo tutti feriti da ciò che è successo: a chi non sono tornati i fratelli (Isabel) e chi ha visto in guerra molti morti e tanti anche uccisi da lui, perché nemici (Tom).

Sarà che essendo il 1918 le sensibilità personali e la dinamica dei tempi del vivere erano rispettivamente più profonde e più lenti. Che la vita si basava su valori più stabili e di buona convivenza civile.

Sarà che Tom ricevendo l’incarico, intanto in via provvisoria, di guardiano di un faro su un’isola disabitata tra due oceani, accoglie questa vita schiva come il maggior distacco dagli orrori della guerra.

Sarà che Isabel che pur in uno spontaneo e felice rapporto con la natura come i liberi gabbiani a cui tira al volo piccole pallottole di cibo, mentre piroettano, ci segnala, pur non bastando comunque ciò a placare quella mancanza, l’assenza dei fratelli morti in guerra.

Sarà che le solitudini ma soprattutto le belle sensibilità sono destinate ad incontrarsi: ebbene, era scritto che si incontrassero e che l’intraprendenza di Isabel, riuscisse a scalfire la riservatezza di Tom.

Al guardino del faro è permesso, anzi viene quasi raccomandato che si accompagni ad una moglie che vivrà con lui sull’isola del faro e così avviene.

Ora, una tale vita, pur se differente dalla precedente di Isabel, sulla sponda da cui si parte per l’isola del faro e che è comunque in una piccola comunità, comporta un cambio a cui lei entusiasticamente aderisce ancor più convintamente di Tom, potrebbe scorrere serena. È una vita piena e serena che scorre tra le tappe delle visite di chi tiene i rapporti giungendo all’isola mensilmente.

Il sostegno reciproco, anche nella avversità di due sfortunate gravidanze, rende l’evento dell’avvistamento di una barca che naufraga sulle sponde dell’isola, fortemente dinamizzante scelte che debbono necessariamente essere veloci e condivise.

L’accoglimento della naufraga in fasce, morto l’uomo con lei sulla barca, apre l’impegnatività della scelta di appropriazione per sostituzione. È quando il caso segnala l’esistenza di una madre che la piange morta, pur non avendo perso le speranze, in assenza di notizie sul naufragio, che Tom sente un dovere morale le cui conseguenze saranno lì per lì pesanti. Condivise poi con Isabel e con un bel ritorno di bontà che la madre vera, recupera dalla natura mite e gioiosa del padre morto della bambina. Quel distacco frutta una riconoscenza che si manifesta nel più genuino degli affetti.

Volontariamente oscuro io, quanto possibile, senza omettere tratteggi essenziali sulle vicende e per rendere effettuale l’invito a godere di questo ricco affresco di caratteri determinati in un rapporto con tutti gli aspetti della natura che sono entrati nella vita della bambina. Il fascino della natura, per la piccola, principia dalle osservazioni dirette della vita di piccoli animali sul paradiso dell’isola del faro e rinverditi dalla madre che ritrova la chiave del dialogo attraverso la composizione di collane di fiori.

Cosa attendersi? Un bagno di verità umane che segnano positivamente anche vite attraversate da eventi drammatici e scelte dolorose. Catartico! Aggettivazione molto difficile da attribuire alla contemporaneità e di cui, questo film ci offre le coordinate per rintracciarne la possibilità se solo saremo capaci di ascoltare più genuinamente noi stessi. Per tutto ciò, dovremo dedicarci molto di più al più genuino noi stessi, e meglio sarà se con un/una dialogante. Buona visione, e vedrete che pur nella distensione dei tempi, molto avviene ed è descritto in modo essenziale ed efficace: merito di una “scrittura registica illuminata”, dal libro. Sia lei la luce sugli oceani?

1 commento:

  1. Come accade sovente a chi scrive: messo il punto a fine del suo scritto, altre suggestioni si affacciano al cervello e non vogliono proprio essere escluse dalla comunicazione.

    Così, dando spazio a tali altre riflessioni mi trovo a comunicarvi qualcosa che davvero non meritava la trascuratezza.
    Riguarda una particolare strategia rintracciata nel racconto filmico: siamo indotti a sentirci se non artefici della sequenza filmica successiva a quella appena seguita, quanto meno partecipanti, alla scrittura dei passi successivi.

    Tale forma di coinvolgimento ci fa sentire coinvolti nelle vicende raccontate e ci gratifica come spettatori nel comprendere lo svolgimento, passo passo.

    Sono spesso piani sequenza che ci comunicano cosa stia accadendo nel cervello di chi osserva e con cui noi siamo posti in soggettiva, dal regista. Al esempio come quando Tom osserva, mentre attendono l'apertura della chiesa per il battesimo di Lucy la giovane donna che prega, nel piccolo cimitero a fianco. E noi non possiamo non immaginare che sia la vera mamma di Lucy, che ne piange la scomparsa, inconsapevole del salvataggio della sua bimba.

    Non tutto però è come ci attendiamo nelle sequenze, e ciò è un bene perché lo spettatore vuole oltre che essere posto al centro, anche essere sorpreso, quanto meno lasciato a volte con qualche dubbio tra possibili alternative di scelta dei protagonisti. Ciò al di la di ciò che esprimono con le parole.

    Così, giusto per far un esempio, per chi il film l'avesse visto o troverà, andando a vederlo, la lettera che Tom invia a Isabel mentre è recluso, e che solo nel momento del suo trasferimento verso la sede del processo, viene aperta e finalmente letta da Isabel.

    Il contenuto della lettera, interviene a determinare l'azione conseguente, proprio in virtù dell'essere stata riposta e non letta precedentemente ed invece aperta e letta solo in quel topico momento.

    Ciò che quindi volevo segnalare con tali note aggiunte, riguarda un gusto ulteriore, un apprezzamento per la regia che ci fa entrare nei personaggi quasi fossimo noi a vestire i panni ora dell'uno, e dopo dell'altro.

    Non è solo una storia che ci viene raccontata, ci viene regalata l'opportunità di sperimentare l'esser donne e uomini di altri tempi ed in altre situazioni, come la nostra vita mai ci potrà dare con tale dovizia. Questa è la magia del cinema, quando ci imbattiamo in film che sanno parlare alle nostre, persino inconsapevoli, sensibilità.

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