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L'attenzione meritata da: "A United Kingdom"

“Nessun uomo è libero se non è padrone di se stesso”: é questo il titolo che sintetizza la riflessione l’argomento scelto come punto di vista per far fruttare socialmente la visione di questa opera cinematografica. Associo a questo punto di vista una doppia collocazione della storia raccontata che, particolarmente assume valore nella sua doppia ed indissolubile collocazione e che descrivo con: tutte le storie hanno un risvolto privato ed uno pubblico.

Non sempre è possibile separare i due aspetti, Pubblico e Privato delle Storie, e neppure indispensabile o salutare. Le vite più piene sono spesso caratterizzate dall’intreccio, più che dalla compresenza dei due aspetti. Ci sono storie poi che assurgono al ruolo di indirizzo degli eventi futuri, proprio perché stanno li, al centro delle questioni più spinose per quel determinato periodo storico.

E’ quando l’inconcepibile, in un dato contesto, accade: una folgorazione, la più classica, quella dell’Amore, che i protagonisti, incoscienti e scandalosi per il conservatorismo sociale, assumono un compito superiore alle loro stesse individualità. La grande storia assume, vite e storie che avrebbero potuto essere molto private, a modello per ciò che in futuro sarà non più fuori regola, trasgressione ma, nuova normalità, conquistata grazie al versante pubblico di quella specifica storia.

Ora si vorrebbe sapere di cosa, sin qui, si stia favoleggiando: di “A United Kingdom”, ribattezzato sulle colonne dei giornali “L'amore che ha cambiato la storia?”. Ciò ci chiarisce un altro dato, il far riferimento ad una storia vera. Storia ambientata, ai tempi della apartheid in South Africa che sta solo sullo sfondo tetro dell’epoca, i veri palcoscenici sono una grigia, compassata, solo a tratti serena, Inghilterra ed una calda, vivace, sanguigna Africa, il Botswana, come si chiamerà lo Stato (successivamente al 1947, data di inizio della specifica storia) allora protettorato britannico.

I protagonisti che potrebbero rinunciare a qualcosa, come gli apparati istituzionali dei due governi gli chiedono, decidono di far partecipi del loro sogno un’intera comunità, quella della assemblea del popolo della tribù di cui il giovane di colore, istruito in Inghilterra, è Re e che deve far accettare la sua amata, bianca ed inglese. Classicamente posto anche il tema del divario sociale che viene abbattuto. L’eredità che la storia lascia si fa tutt’uno con la sofferta vittoria di Nelson Mandela che riesce a far proclamare la parità civile di bianchi e negri in South Africa. Musiche epiche e paesaggi africani di intensa bellezza, appagano i nostri cuori.

A seguire tali belle storie, pur non prive di spigolosità del passato, resta proiettata sul nostro presente una perplessità: Perché con tutte le nostre contemporanee volontà sostanziate dalle vittorie elettorali di chi più ci indica possibilità di ripresa, ancora non s’insedia il governo eletto e desiderato? Una possibile risposta: difetto di cuore? Di chi, potrebbe aiutare il plebiscito popolare ad avverarsi, senza temere di “intrecciarsi” con la grande storia, essere suo amalgama. Ma, non demordiamo, che: i sogni non muoiono, ricordando Nelson.

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