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Effetti non collaterali: danni burocratici.

Il movimento fisico è essenziale nella società contemporanea. Dalla nostra possibilità di essere fisicamente in luoghi distanti da dove risediamo, in tempi brevi, dipende ancora tanta parte della nostra efficienza sociale. È una conquista sociale che per la comunità statunitense ad esempio, ha dai suoi albori anche il senso di conquista di libertà, ricordando il mito della frontiera.

Non solo la costrizione entro un recinto ma persino l’interdizione all'attraversamento di porzioni della superficie terrestre viene sentita come limitazione delle libertà fondamentali. La libertà di movimento è molto sentita anche dagli Aborigeni australiani, come ci illustra Bruce Chatwin nel suo splendido: "Le vie dei canti" per via della memoria che quel popolo ha depositato, distribuita, per tutto il continente australe. 

Per il lavoro, la libertà di un luogo da condivide con altri continua ad essere, nonostante le narrazioni sul lavoro da casa con gli strumenti informatici, essenziale, per quegli scambi senza i quali tante grandi invenzioni attenderebbero ancora il disvelamento.

Abbiamo avuto modo di apprezzare quanto essenziali siano state le accademie, queste riunioni di persone che hanno voglia di apprendere assieme e come da “casualità” siano state generate o quanto meno stimolate, le brillanti intuizioni degli scienziati. Ciò, senza andar lontano, lo abbiamo potuto apprezzare riflettendo sul quinto assioma di Euclide nell’articolo: “Quei due emisferi: destinati a collaborare!” di appena 10 giorni fa.

Non trovo chi dubiti della fondamentalità della funzione mobilità. Ebbene: quando accade che un bando per il servizio di trasporto per coloro che si spostano per studiare, è giudicato e conferito a ribasso d’asta, possiamo star certi che il prezzo stracciato ha un contraltare nel peggioramento del servizio. Nel caso specifico scopriamo che, rispetto allo stesso servizio di trasporto, svolto in precedenza, sono state messe in atto riduzioni dell’offerta di corse.

Se poi la riduzione del servizio riguarda anche la soppressione di una corsa che permetteva il rientro a casa dello studente fuori sede senza perdere le “revisioni al suo lavoro” e che aveva con gli orari precedenti trovato il compromesso meno dannoso per il suo rientro a casa, allora...! Dobbiamo ravvisare una menomazione del paritario diritto allo studio di questo studente, rispetto a chi può, con altre risorse come il mezzo proprio, privato, risolvere soddisfacentemente l’equazione d’ottimizzazione dei tempi da dedicare allo studio rispetto al trasporto ed al riposo.

I bandi a ribasso d’asta per trasporti dedicati agli studenti, servizio per cui c’è una specifica voce nelle tasse universitarie, non riescono a mettere nel conto la voce "disagio". Dove finì quella bella "analisi costi/benefici" che studiai in Estimo ed Esercizio Professionale nel mio splendido corso di laurea, grazie al piano di studi libero che era permesso? Se ricordate, di questo fantastico strumento del piano di studi libero, già vi scrissi nel terzo articolo su: “Politica e formazione: un percorso virtuoso (parte terza)”.

Siamo certi che: visti gli esiti e sentiti i diretti interessati che sapranno interloquire serenamente con il nuovo ed appena indicato Prorettore alla Didattica ed ai servizi per gli studenti dell’Ateneo messinese, anche questo danno collaterale sia cancellato. Semplicemente, operando nel senso della miglior rispondenza al diritto allo studio, in assenza delle tanto declamate, dai governi nazionali scorsi, cittadelle universitarie prevedenti studenti e docenti riuniti in accademie affrancate dai disagi. 

La Cultura e la Formazione che la determina, contrariamente a quanto gli scellerati credessero, è il futuro della Nazione e l’Italia merita questo futuro in continuità con il luminoso passato per cui si disse: terra di Santi, Scienziati, Artisti ... e tanto altro, come campeggia scolpito sul fronte del palazzo della Civiltà italiana, a volte appellato: della Civiltà del Lavoro. Ebbene: non dimentichiamo che, i nostri ragazzi che studiano saranno i lavoratori di domani, chiamati in prima persona a proseguire la luminosa tradizione italiana.

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