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Genuinità? in: "Ammore e malavita"





Visto ieri, è in programmazione anche oggi: "Ammore e Malavita", premio David di Donatello. Superate le prime perplessità relative alla commistione Musical e Noir, rimasi per naturale curiosità, non sapevo che fosse stato pluripremiato, e fui ben ripagato da questa scelta.

Sono molto intriganti i testi dei brani, spesso su musiche note, sottotitolati per chi come me ha qualche difficoltà allorché il dialetto napoletano si inoltra in espressioni meno di pubblico dominio per i non Napoletani.

Dicevo, belli i testi perchè ogni volta, centrano il dilemma del personaggio che le canta. Per questo canale, molte situazioni e modi dell'essere napoletani emergono: le difficoltà dell'ambiente e del trovar lavoro, assieme alla bellezza e l'amore per questa città. 

Amore che, quando i protagonisti saranno salvi e nella situazione desiderata come meta, impossibile, ormai per loro Napoli, viene cantato e ballato sulla splendida spiaggia caraibica che decreta il loro stato di vacanza e raggiunto benessere permanente che però non ha tolto loro la nostalgia per tutto ciò che Napoli è! 

Ammore, con due emme, come esageratamente sono i sentimenti che riguardano Napoli. 

La visione ha dato luogo a qualche riflessione sulla genuinità ed anche sull’ottusità ad esempio di alcuni legami di fedeltà tra malavitosi che derivano dall’assenza di altri che si occupino di dare un futuro concreto ai giovani. 

Giovani che in quell’ambiente trovano invece una famiglia, pur con quei legami alla lunga oppressivi: si diventa Killer!

Il protagonista, killer per un gruppo malavitoso, riportato ai sogni adolescenziali da un incontro con l'infermiera, che era stato l'amore adolescenziale, prima che la tragica morte del padre lo portasse ad affiliarsi, fa l’impensabile per affrancarsi da quegli scomodi legami. 

Anche forti sentimenti di amicizia e scelte dolorose ma necessarie, si susseguono, e si fa vedere che, unica salvezza, sia una credibile simulazione della propria morte, quando ci si è stancati di quella vita che sottrae tutto quello che potenzialmente ci si potrebbe permettere, tanto assorbe e disumanizza, il comando. 

In un dialogo si dice: eravamo liberi e felici quando potevamo bere un'aranciata al tavolino di un bar di periferia, pur poveri, ma spensierati.

Siamo gratificati alla fine, pur perplessi per via della necessità dell’inganno per uscire da quel mondo ed ancor più, che la autrice-ispiratrice, sia l’innocente infermiera! 

Naturale perplessità su una morale, in fondo ambigua, sull’amore che può far tutto, ed in questo caso, persino cancellare l’orrore del dolore altrui oltre che proprio, che fu necessario per ottenere l’affrancamento e la felicità. 

Resta un variegato mondo, ricco di contraddizioni e l'animo napoletano con la nostalgia della distanza e che pure, riemerge al capo di un altro continente, ramificata e capillare com'è la rete di rapporti con i tanti che emigrarono lontano, quando giova condizionare le scelte di qualcuno, minacciandone un familiare a New York, ad esempio.

Sicuramente non ci si annoia anche per la tanta azione presente, di cui l'immagine scelta per illustrare l'articolo è, tutto sommato, la più classicamente 007! Correte! 







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