banner

Breaking News

Diverremo tutti uguali? Sarà un bene? I luoghi comuni! Il ‘68!






...ma, prima, una lieve osservazione che potrebbe rivelarsi traumatica, almeno in prospettiva futura, così è meno impaurente se ne parliamo, visto che la possiamo nominare: sappiamo che fa più paura l’indicibile ed infatti ciò che è rimasto scolpito nelle nostre menti del romanzo del Manzoni è, non a caso, l’“Innominato”

Non è che se, via via, tendono a piacerci le stesse cose, “diverremo tutti uguali”? La cosa potrebbe spaventarci, o, all’inverso, entusiasmarci perché così, forse, potremmo più facilmente andar d’accordo, essere un mondo pacificato. 

Potrebbe spaventarci o quanto meno lasciaci interdetti, perché contrasterebbe con un ammiccante luogo comune: “il mondo è bello perché è vario” che ci sarà capitato di pronunciare, a volte per giustificare un nostro o altrui agire sui generis o quanto meno fuori dal consueto fare, ma soprattutto pensare, che fa ancora più scandalo, a riprova che: “le parole sono pietre” vecchissimo ossimoro. 

Nei confronti di questa voce fuori dal coro abbiamo mostrato civile apprezzamento, espresso da un altro frequente luogo comune o modo di dire “vivi e lascia vivere”, con cui abbiamo sottolineato la nostra ampiezza di vedute, “modernità”. 

Che l’entropia del mondo porti ad una espansione senza fine o che giunta questa espansione ad un limite e possa accadere che si inverta per far tornare, in un tempo lunghissimo, a quel puntino del Big Bang, poco tende ad interessarci perché eventi giudicati lontanissimi da noi e poi, abbiamo ben più tangibili problemi di sopravvivenza della nostra piccola terra, molto più urgentemente sentiti perché sarebbe molto più che essere sfrattati: annullati! Di ciò abbiamo sotto i nostri occhi l’urgenza nelle vicende dei contemporanei migranti.

Non sarà un caso che, mai come oggi, la coscienza ecologica si vada radicando e sia parte attiva della formazione scolastica. Davvero stiamo prendendo diffusamente coscienza della necessità, quanto meno di garantirci la sopravvivenza, di fare azioni che invertano la tendenza che sempre più appare come una sorta di subdola vocazione masochistica, a farsi male da se e ciò che è più terrificante, collettivamente e quindi in modo amplificato, velocissimo. 

Per questo ne sentiamo l’urgenza, anche se non siamo poi tanto sensibili individualmente con i nostri consequenziali, necessari comportamenti, per cambiare verso all’entropia, ristabilire quella condizione ideale che si formò indipendentemente da noi e divenne le culla della nostra vita, come la conosciamo.

Ecco quindi perché tornano le manifestazioni di piazza e diviene utile aver contezza di analoghe fenomenologie che riguardano il nostro passato non tanto remoto poi. Ricordiamo che anche per le giovani generazioni, pur essendo meno presente il racconto dei nonni, perché presto ci si stacca dalle relazioni con il nucleo familiare, è passato prossimo tutto ciò che ci ha fatto giungere alla condizione presente. 

Il movimento del ‘68 ad esempio, è un tassello fondamentale per capire il presente, ma sbaglieremmo ad istituire una lineare discendenza, come ad ipotizzare un’analogo tendere ad un modello sociale ideale. Non è così, eppure conoscere ed indagare quell’evento tanto rivoluzionario, da cui tanti altri importantissimi eventi scaturirono, mutazioni del nostro mondo, è essenziale per capire il presente. Ed è proprio attorno e dentro queste argomentazioni che scandaglierà l’articolo che seguirà domani, guardando più da vicino i differenti modi in cui Lila e Lenù parteciperanno alla costruzione del “nuovo mondo”, sempre estrapolando e semplificando ovviamente.

Nessun commento