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Il fattore umano supplisce alle sbavature delle regole



Il fattore umano supplisce alla sbavature delle regole ed il principio di responsabilità individuale nei confronti del benessere collettivo, è tesoro da salvaguardare e far fruttare per la collettività: persino da esercitare in maniera condivisa e consapevole. Ossia, nessuno va tacciato di mancata applicazione rigida delle regole, bensì salvaguardato come necessario correttore della loro ottusa rigidezza, quando tale, ottuso, si configurasse l’esito. 

Risorsa inalienabile della democrazia, il fattore umano è un capitale insostituibile, pur nella sua potenziale fallacia, per il buon funzionamento del nostro mondo: rappresenta la necessaria elasticità con cui trattare le questioni ed indubbiamente la risoluzione delle controversie giuridiche ci conferma quanto necessaria sia l’interpretazione della norma, che è legge, volta a volta in ciascun specifico caso che necessiti dell’applicazione della specifica legge. 

La varietà delle circostanze, come fu presente ai nostri costituzionalisti, non è prevedibile: la vita, per fortuna, continua a sorprenderci, tanto che dobbiamo, pragmaticamente, convintamente provare a far meno errori possibili. Le scienze più esatte hanno una teoria degli errori che le salvaguarda da errori per rigida applicazione delle regole. Così non fosse, basterebbe un algoritmo “perfetto” e “coraggio”, saremo degli automi pacificati, come ci vorrebbero certe lobby che, la libertà ed il benessere della vita piena, la vogliono solo per se.

Nel mondo delle strutture, ad esempio, si è da tempo sostituito al calcolo mirante a determinare la rigidezza, come nei tempi passati, quando si costruiva in pietra sovrapposta, quale presupposto indispensabile di staticità, l’elasticità, ossia, la quantità di spostamento dallo stato di quiete che una struttura è bene si permetta, salvo poi a tornare a fine sollecitazione, ammettiamo per forze sismiche, nuovamente nella originaria posizione, ed in quiete.

Ogni specie animale è interessata alla conservazione di se stessa e la persegue istintivamente, salvo quella umana perché dotata di ragione, con tutti i derivati che ne conseguono, anche in termini di prevalenza di interessi tribali posti al di sopra di quelli della specie. Questo “difetto” di origine fa la differenza: la specie umana sceglie grazie al raziocinio di cui è dotata e forte è la tentazione a far prevalere tramite ciò l’interesse di una parte di essa, una tribù, sulla radicalità della conservazione della specie tutta.

Già questo mostra una incrinatura nei rapporti tra gli elementi del creato, perché questa specie aliena, l’umanità, non sempre agisce in sincrono con le altre specie e nell’interesse comune a coabitare il pianeta senza arrecargli danni che potrebbero portare a sostanziale inabitabilità del pianeta.

Qual'é la strada che da tante parti si intraprende, essendo venuta a mancare la responsabilità personale nei confronti sia del consumo delle risorse che dello smaltimento-riuso di ciò che, usato, è conferito nei rifiuti, senza che ne siano adeguatamente accantonati, nel prezzo di vendita, i costi di ripristino alla condizione di materia prima, di tutti i suoi componenti? Più che smaltimenti, quindi, riusi, riducenti la necessità di estrazione di nuove materie prime e ad un tempo, costi di smaltimento e per nuova materia prima da nuova estrazione.

Da ultimo, qualche notazione su come possiamo collaborare al principio di responsabilità in chiave di fattore umano, proprio in virtù di quanto detto, ossia che le regole non essendo applicate in un mondo astratto, ma variegato, tanto da scongiurare il poter avere regole “perfette”,  vanno corroborate dal fattore umano.

Ora immagino voi stiate ritenendo che mi stia occupando di cose grandi e lontane da noi: per cui, poco o nulla possiamo, come, sempre più ci vogliono far credere tutti coloro che non vogliono che noi siamo liberi, ma non è così! In realtà si, ma per l’unica via che può essere percorsa: quella della responsabilità personale. Necessita che faccia chiarezza con esempi.

Ed ecco che mi si presentò stamane un caso semplice. Arriva al capolinea Annunziata il tram ed un autobus parte prima che siano scesi i passeggeri del tram per poter eventualmente prendere quell’autobus che continua il percorso per chi dovesse andare all’Ospedale Papardo. Quanto descritto avviene alle 7,53, essendo l’orario esatto di partenza dell’autobus le 7,50. Cos’è avvenuto? L’autobus è partito in ritardo ed il tram gli ha attraversato la traiettoria di uscita, mentre entrava nella sua fermata. Ci saranno coloro che si appunteranno sul ritardo dell’autobus in partenza e quelli che invece avrebbero desiderato, scesi dal tram, poter continuare subito il loro viaggio salendo sul detto autobus.

Dov’è la sbavatura della regola? Nel ritardo in partenza? No, ciò che importa è il fattore umano, quello che avrebbe permesso all’autista dell’autobus di fermarsi, riaprire le porte ed accogliere chi avesse dovuto continuare con l’autobus il suo viaggio. Tempi? Meno di quindici secondi. Perché non è avvenuto? 

Optiamo benevolmente per la svagatezza del conducente dell’autobus, ma non riusciamo a comprendere l’assenza di un responsabile ATM a questo importante snodo, con funzioni di “facilitatore”, ossia, responsabile del buon servizio al cittadino: insomma, che si prenda la responsabilità di quei cortesi 15 secondi che avrebbero dato un segnale di buon funzionamento del servizio a fronte di un’ora e quindici minuti di attesa per la successiva corsa di quel servizio.

Immagino che chiunque lavori saprà adattare ai tanti suoi compiti, i casi in cui ha optato per il fattore umano, per correggere la sbavatura di una regola: altrettanto, gli stessi lavoratori, nel loro ruolo di fruitori di servizi, avranno da raccontare, quante volte la lecita facilitazione, ricevuta in un servizio, li ha messi di buon umore e pacificati con l’umanità.

Quindi, possiamo essere umani, ed ancor più chi ha compiti che hanno ricadute più ampie, penso alle dirigenze che eserciteranno il loro potere di discernimento su cosa è bene, prendendosi le loro responsabilità, anche di “sbagliare” rispetto all’ottusità dimostrata da una regola in uno specifico caso: “...siamo uomini o caporali?” 

Questa su, la domanda che si faceva il Principe de Curtis, in arte Totò, nei suoi film, quando la questione contingente reclamava l’uso di una ragione di ordine superiore, appellandosi quindi al fattore umano, contro la rigida applicazione della regola che nel caso specifico sarebbe risultata ottusa applicazione e quindi danno al genere umano!

Scrivo da un po’ su Corsaro del Sud e questo qui è l’articolo che mi sembra interpreti con più pienezza questa appartenenza ed un omaggio agli Scritti corsari, di Pierpaolo Pasolini. Quando ne venissero altri, in futuro, non dimenticherò di appellarli: Scritti corsarini, per mantenere chiara la misura rispetto al modello, che, per sua stessa definizione, è non ripetibile che tale e quale, mentre qui si prova a tenerne l’aspirazione a contribuire ad una società in cui torni ad essere fondamentale il fattore umano.

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