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Levità di Rubacchiotto e Scordarella, in: “Ti ricordi di me?”



Accade, di trovar trattati con levità, argomenti che da quel momento in poi, almeno per chi ha avuto modo di assistere allo spettacolo cinematografico in questione, quegli stessi argomenti che prima non si trattavano, assumono una nuova valenza: positiva nel suo essere capace di comunicarci valori formativi, oltre l’esplicitamente rappresentato.

Un tal agire è proprio del grande cinema, pertanto, continuiamo serenamente a godere della leggerezza di queste opere, godiamole sino in fondo, perché è direttamente al nostro animo che parlano.

Una comunicazione piana, a tratti potremmo guardare ad alcune azioni, dei protagonisti, allo svolgersi di certe sequenze, come ad una sorta di surrealità, eppure, la narrazione non perde mai il contatto con il reale, prova ne sia che i protagonisti svolgono un lavoro, hanno aspirazioni, sono “concreti”, appena differentemente.

Chi vide il film, immagino, ritroverà in quanto su scritto, osservazioni anche nella sua mente latenti o già più che sviluppate: gli altri, spero, per loro, rintracceranno su RaiPlay il film per poterlo gustare.

Per chi più ama seguire le connessioni delle proprie sinapsi cerebrali, di seguito, un paio di stimolazioni ricevute.

Luogo dell’incontro tra i due protagonisti l’atrio del palazzo in cui è lo studio della loro terapeuta “...ed insieme riparammo dalla pioggia in un porton...”, anche nella canzone, con analogo ruolo. È proprio la pioggia a propiziare un loro significativo incontro: lei scende dopo aver concluso la seduta, lui attende l’orario della sua prima, e lui, il disinibito, le rivolge la parola, mentre lei, che porta con se un librone di appunti, da giovarle quando dovesse perdere i suoi riferimenti, a causa di una perdita di sensi, come a volte le accade, quando risponde è un po’ freddina e si occupa di sviare indizi su di lei, fornendo nome e cognome falsi, appena letti nell’indicatore citofonico del palazzo.

Cosa curano i due? Lei il disagio del dimenticare, proprio a seguito delle perdite di sensi a seguito di forti emozioni, lui quello dell’appropriarsi momentaneamente di oggetti non suoi: da ciò, i due bei soprannomi che lui, l’espansivo, conierà, quando vorrà sancire la loro identità come coppia: “Scordarella e Rubacchiotto”.

Proprio fuori da quell’atrio, la via carrabile da attraversare, ben munita da strisce pedonali che lei attraversa rigorosamente sulle parti bianche e che darà luogo ad una toccante dimostrazione di affetto da parte di lui, quando, a causa del rifacimento della segnaletica stradale al suolo, la sospensione degli stessi lavori per pausa pranzo degli operai, lascerà priva delle strisce bianche lo spazio tra il marciapiede e la prima striscia utile oltre esso, non superabile, da lei, con un salto. È in tale frangente che lui, si prodiga a disegnar la striscia-passatoia che farà da ponte al passaggio di lei.

La cavalleresca azione, che tale, indubbiamente è, rinvia al gesto dell’offerta del destriero alla dama, nelle chanson de geste proprio nelle rammemorazioni del versante galante dell’epoca in cui è un posto sul destriero del cavaliere ad essere offerto alla dama per superare una difficoltà altrimenti insormontabile.

Pur fermandomi a questa brevissima descrizione, lancio un’altro amo, questa volta ai lettori appassionati dei Beatles, proprio per via dell’inquadratura laterale dell’attraversamento delle strisce pedonali, un’altra sinapsi, ancora una volta musicale, anzi video-musicale che, ricordo stesse anche nella copertina del 45 giri.

Concludo con una piccola pedanteria, spero grata ai miei coetanei ed oltre: qualche altra bella strofa utile a rintracciare quel vecchio successo musicale di “Giacomo Rondinella” forse?
“C’eravamo tanto amati, per un anno e forse più, c’eravamo poi lasciati, non ricordo come fù, quando insieme riparammo dalla pioggia in un porton...” e più in là, o forse prima, nell’ordine delle strofe, “...era d’inverno ed al mio cuor si stringeva: come pioveva, così piangeva”.

Non ho ancora rimarcato a sufficienza quanto la semplicità nell’agire dei nostri protagonisti, ben attorniati da “normali” meno idonei di loro alla vita vera, ci viene in aiuto in questi tempi, per riconfigurarci, di necessità, come accadrà quando tutto ciò che in questi giorni stiamo vivendo, sarà finito ed un mondo un po’ differente dal precedente, per tanti motivi, dovremo abituarci ad abitare.
Un mondo che potrà, se vorremo, essere anche migliore, non ci vuol molto, del precedente.

Ci gioverà a modello la leggerezza di questi personaggi, la delicatezza nei rapporti umani che sarà naturalmente venuta, grazie al maggior tempo che vi abbiamo potuto e dovuto, necessariamente dedicare, di necessità virtù, per non massacrarci vicendevolmente, sia stando lungamente in famiglia che adottando al meglio le forme di comunicazione a distanza, più indispensabili che scelte.

Ricordai un’altra strofa “...porto in mantello a ruota e fò il notaio”: sospenderei, che me ne stanno sovvenendo di altre, chissà che non completi il testo!
So che c’è motivo per questo ricordo: sul finire degli anni 50, in quel tempo infinitamente più lento, le canzoni duravano in auge per anni e la radio di casa faceva da colonna sonora alle giornate nel molto frequentato, da noi bambini, terrazzo comune, di vicinato, sul cui androne di piano, affacciavano, rigorosamente aperte, le porte di casa di almeno tre famiglie ed altre due, di la dal terrazzo. 

Una vita davvero da sogno, lo scorrazzare e giocar a nascondino in un tale ampio campo di gioco comprendente tutti i sotto dei letti delle case. Ecco, era più simile a quella dei protagonisti della nostra storia: attrezziamoci per la ripresa, con uno sguardo nuovo su tutte le cose e le abitudini, più sereno, tempo dedicato meglio al bene della nostra vita e di quella altrui. 

Questo tempo ci avrà fatto apprendere che si può mettere al centro della nostra vita le buone relazioni di cui abbiamo sentito la necessità, in astensione dai modi occasionali e diretti, perché si, le abbiamo dovute cercare e persino selezionare, scoprendo quelle che veramente ci sono indispensabili, sono veri affetti, senza trascurare troppo le altre, ma dopo. Un bel ribaltamento di campo, non tanto nei valori delle une rispetto alle altre, quanto nell’attenzione a ciò che è essenziale, davvero indispensabile al nostro animo, sempre: forse lo avevamo tanto od un po’ trascurato!




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