Utilità dei dialoghi in forma di jazz
Per chi ha consuetudine con la produttività dei pubblici incontri a tema, tra soggetti che guardano alle questioni da differenti punti di vista, c’è la consapevolezza dell’utilità della pluralità delle voci, anche della necessità di un qualche ordine e persino della ricchezza di alcuni fuori regola: la metafora perfetta per ciò appare essere la musica jazz.
Proseguendo, pertanto, ad essa farò costante riferimento, almeno a due forme attraverso cui passa il suo srotolarsi del tema, sia nella coralità che nell’assolo: a chi piace il jazz è proprio la fluidità delle alternanze di svolgimento del tema che affascina.
Ora si dirà: il gruppo jazz è abituato a comunicare con la musica in forma libera, attenta a cogliere e dar spazio a chi in quel momento percepisce di aver individuato una variazione inedita e sente l’urgenza di svilupparla, sicché gli astanti godranno di un unicum.
Se ora analizziamo la struttura modificabile, persino contaminabile dello schema, che pur esiste, comprendiamo quanto alla base stia un profondo riconoscimento della essenzialità dello sfumare di alcuni strumenti quando si percepisce che uno si sia imbattuto in una possibilità singolare, scaturita certamente da un qualche briciolo di nota che fu colto nell’aria.
Non vado oltre, che, ritengo, ci sia abbastanza per uscir fuor di metafora e traslare le ricchezze comunicative del jazz nel trattare argomenti in forma discorsiva, tra più individui di differente formazione, ossia capaci di saper suonare bene ciascuno i propri strumenti, ma anche saper ascoltare il suono-contenuto che viene da quelli degli altri, persino di saperne qualcosa, se non altro per via della struttura grammaticale e sintattica che è il comune spartito.
È quindi evidente che: 1) deve esserci uno spartito, 2) una professionalità solida, ciascuno nel proprio campo, 3) un comune obiettivo. Ebbene, riguardo al comune obiettivo, deve esser chiara a tutti la differenza di utilità del produrre una cacofonia o all’inverso qualcosa di gradevole, eppure che sia anche differente da una melodia.
Spesso assistiamo, nei pubblici dibattiti, a lunghi assoli che poi, solo chi ascolti avrà l’onere di comporre, estraendo l’utile dal pantano in cui è immerso. Pochi hanno una reattività veloce tale da potersi inserire, da ospite, nel gruppo che sta suonando, esprimendo a loro volta contenuti chiari e produttivi per ciò che si sta dibattendo e che mira a risolvere una questione cara a tutti gli astanti.
Il più delle volte l’esito è cacofonico e quindi sgradevole è l’ascolto: ci son contromisure efficaci? ricette possibili?
Certamente! Bisogna ci sia un’ensembe, ossia un gruppo affiatato che abbia l’obiettivo di giungere ad un esito gradevole, condivisibile, arricchito da uno, al massimo due solisti che anche loro sappiano mettere a disposizione degli altri il loro sapere, spogliandosi da prolissità e specialismi che son di altre occasioni, di quando, essendo luminari, si dialogherà con altri specialisti della stessa disciplina e pertanto si potrà lavorare alla crescita della propria arte, in quel contesto di specialisti altrettanto avvisati di bellezze ed insidie del ragionare: li, si giocherebbe a carte scoperte, la comunicazione sarà differente, come differente è la finalità.
Se si tentasse di usare i fraseggi strettamente disciplinari tra altri di differente estrazione, si starebbe adottando un fare prevaricatorio il cui esito è sicuramente percepito per quello che è: una sorta di dichiarazione di debolezza culturale, povertà persino, certamente inadeguatezza sociale e pertanto, inutilità, nel contesto.
Ora ritengo, la bravura e la utilità sociale non camminino mai disgiunte: non è un caso che, proprio da questi individui vengono cose che non ci attenderemmo, in termini di solidarietà.
È il tempo di non doversi più stupire di ciò.
Andava testimoniato: sono debitore per tale stimolazione alla telefonata intercorsa con il Direttore del Museo Provinciale del Novecento di Messina, Angelo Caristi che, con spirito costruttivo continua la sua opera di contaminazione di saperi, nella nostra città. In particolare, una progressiva mesa a punto degli incontri a più voci che organizza su temi cari alla città e particolarmente quelli in svolgimento in questo periodo, la Rassegna "Messina: La Memoria da Ritrovare", coadiuvato dal Curatore Culturale Giuseppe Ruggeri e di cui, del più recente incontro, mi occupai, riferendo delle qualità del progetto per Piazza Cairoli in cantierizzazione, redatto dal gruppo di progettisti ModuloQuattroArchitetti
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