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Divaricazioni e Ricomposizioni, in: "Visioni Artificiali e Libri Maestri 61-62"














Divaricazioni e Ricomposizioni, in: "Visioni Artificiali e Libri Maestri 61-62"

La tecnologia, con l’elettronica e l’informatica, fattasi, sempre più analitica, capace di riconoscere cose e persino umori umani, si mostra pervasiva, invasiva: ciò, è dubbio credere sia, prevalentemente, un bene per la libertà dell’individuo e la specie umana nel suo insieme.

Si moltiplicano i campi in cui la robotica, grazie all’acquisizione del discernimento visivo, può mettere a frutto, al meglio, i progressi fatti nell’automazione.

La vista, il senso più potente del genere umano, quello con cui prende confidenza, sin dall’infanzia, con il mondo esterno e presiede più d’ogni altro senso alla sua relazione con esso, ora è anche in dotazione alle macchine, e non solo alle automobili, per la guida automatizzata, ma per il lavoro in fabbrica e tanto più. 

Anche con il riconoscimento facciale di chi passeggi per strada, la vista artificiale delle telecamere, impara a riconoscere anche nostri stati d’animo: procede nella sua azione costante di profilazione. Questo, e molto altro, nella lezione-divulgazione dell’entusiasta Rita Cucchiara.

A rimettere al centro l’interiorità umana, oltre gli ausili esautoranti l’uomo dalle fatiche e chissà che altro, altrove, si adombra l’ipotesi della possibile sostituzione del genere umano nel suo ruolo, sul pianeta terra, l’esperienza del vissuto personale e condivisibile, degli scrittori di libri.

Stefano Massini, scrittore, ci permette di attraversare, assieme a lui, in una organizzazione per capitoli che passa per brevi sequenze in cui una macchina da scrivere batte, con le sue lettere mobili, sul foglio bianco, proprio la scansione delle parti: I, II, III. ... occasioni di riflessione su come il nostro mondo interiore si pone nei confronti della vita “fuori” da lui.

C’è un primo capitolo: che si dipana nel quadro generale della condizione di scrittori, riconosciuti come grandi uomini ma che si dovrebbe insegnare a guardare come umani, afflitti più di altri, per sensibilità, da drammi, per cui, la scrittura è un’urgenza di comunicazione al mondo, del far partecipi, con ciò, partecipando in prima persona a tutto ciò che gli umani vivono. 

Quindi, un mondo personale che riflette quello della collettività, tanto che, negli scritti, c’è l’autore, ma ciascuno trova qualcosa di se.

Un secondo capitolo, con le note sull’inattesa balbuzie di Alessandro Manzoni, e, non secondaria, per avvicinarci all’umanità del grande scrittore, la memoria dei due attacchi di ansia della sua vita: uno a causa del timore che la folla, in una bagarre parigina, potesse trascinare e far rovinare in terra e probabilmente calpestare, la moglie, con lui, in quel momento.

L’altra crisi di ansia che, lo assalì alla notizia, mentre si trovava in una libreria, della sconfitta di Napoleone, sul cui aiuto all’Italia, tanto aveva puntato, per la liberazione dal giogo austriaco. Quindi, due generi di affetto, quello per la persona più amata e quello per la Patria: meraviglie del sentimento umano.

Quindi un terzo capitolo, in cui il protagonista è il senso dello scrivere per gli altri, la scrittura che avvicina alle vicende personali di un altro essere umano e riesce ad alleviarne le pene, persino tramutarle in gioia per l’allontanamento di un affetto, visto che quella distanza giova al distante che comunica coinvolgente entusiasmo per il tanto di nuovo e bello che incontra.

Sono le lettere scritte da Kafka ad una bambina incontrata piangente in un parco, per via dello smarrimento della sua bambola. Il decidere di far giungere alla bambina, notizie dalla sua bambola, in lettera, da lui scritta, fingendo le scrivesse la bambola, entusiasta dei luoghi che sta visitando, rincuora la bambina. Quel, "le scrivesse", svela che non una ma più lettere furono scritte per, via via, ragguagliare la bambina sulle fantastiche cose accadenti alla sua bambola scrivente.

Tale il rapporto empatico che si stabilì, che, tra le ultime parole prima di andarsene, lo scrittore, testimonia la fidanzata di Franz Kafka, egli rivolgesse un pensiero a quella bimba, proprio con il senso del non aver in altre occasioni di scrittura, sentito così chiaro il senso dello scrivere, che è per gli altri, dono di qualcosa di se per la felicità di altri esseri umani.

Nello stesso “capitolo”, il nostro scrittore narrante, trae argomenti relativi alla estraneità al mondo dal libro di Washington Irving “Rip Van Winkle” in cui lo straniamento deriva dal lungo periodo in cui fu, dormiente sotto un albero, il protagonista, e quindi fuori dall’evolvere del mondo, del paese dove ha vissuto, che pure gli dovrebbe essere familiare, ma è tanto cambiato, come pure le persone.

“Il tamburo di latta” di Günter Grass, che qui associo all’altra storia, in “Oblomov” di Ivan Goncharov, perché entrambe riguardano il ritrarsi dal mondo: desiderio che oggi non confessiamo più forse perché in una forma da noi non desiderata, è come se si fosse compiuto, solo che, nella contemporaneità ha più il sapore del mondo che ci stia abbandonando, in un momento in cui più sentiamo il bisogno di appartenervi.

Quindi, al rifiuto del bambino che percependo un mondo ostile, si rifugia nella volontà di non crescere e limita il suo rapporto con il mondo al battere sul suo tamburo di latta, ed al signor Oblomov che decide ogni giorno di non allontanarsi dal suo divano per non dover assaporare il disgusto del mondo esterno, si contrappone il nostro desiderio di tornar ad averci un rapporto, con il mondo, selezionando le forze migliori, per collaborarvi.

Resta, da testimoniare di due momenti in cui due autori,  Luigi Pirandello, ed nostro autore de’ “I promessi sposi”, scoprono, hanno illuminazioni sul destino del loro scrivere, sull’autonomia da loro delle loro opere, entrate nel mondo e percepite come realtà. 

Per Alessandro Manzoni ciò si concretizza in una gita sul lago di Como, ormai anziano, quando il barcaiolo che lo conduce gli segna un borgo e prende a raccontare di una storia li avvenuta, ed è quella di Renzo e Lucia, passata quindi nel mondo reale, patrimonio culturale dei luoghi e come avviene ancora nello studio nelle nostre scuole, patrimonio collettivo della nazione italiana, Manzoni comprende il compimento sperato del suo scrivere per gli altri.

Raccontando di un impiegato relegato come folle dai colleghi, per suoi comportamenti, Luigi Pirandello, ci suscita la necessità di una osservazione più attenta, non superficiale. Il protagonista che, in una notte, sente il fischio del treno che pure ogni notte passava da lì, vicino a casa sua, singolarità che da lì in poi si perpetuerà, quasi che lo scrittore, per lui, il protagonista, lo attendesse, gli ha svelato cos’è la letteratura, cosa sono i libri: sono come il fischio del treno, parlano a chi si fa trasportare da essi in mondi che non conosce e glieli svela.







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