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Botte da orbi a Pizza Cairoli: aggressione violenta da parte di una baby gang

Accade a Messina che una semplice passeggiata, tra amici nel centro città, si trasformi in una brutta disavventura, a causa delle presenza giovani bulli pronti a picchiare senza alcuna ragione i malcapitati di turno. Era un sabato pomeriggio come tanti: tre amici che si incontrano a Piazza Cairoli per scambiare due chiacchiere, mangiare qualcosa, fare due passi insieme.

Seduti su una panchina, a pochi metri di distanza, un gruppo nutrito di ragazzi e ragazze confabula tra di loro; uno di questi, con il chiaro intento di attaccare briga, rivolgendosi ai tre, chiede cosa avessero da guardare circostanza questa che, oltre ad essere smentita dagli interessati, li porta ad allontanarsi avendo compreso le reali intenzioni del giovane.

Percorrono pochi metri, il gruppo li segue e li raggiunge. Iniziano gli spintoni ed i pugni sferrati con violenza in pieno viso ad uno dei tre malcapitati. Il gruppo si dilegua velocemente. La corsa al pronto soccorso ed il referto: frattura del naso guaribile in trenta giorni.

1 commento:

  1. Commento a: Botte da orbi a Pizza Cairoli: aggressione violenta ...
    Corsaro del Sud febbraio 09, 2018 aggressione , Messina , Piazza Cairoli

    La foto che illustra l'articolo ci dice che Piazza Cairoli è presidiata dalla polizia, o che, si vede il numero 113, c'è stato un intervento su chiamata del 113.
    Il fatto di cronaca illustrato è servizio fatto dal giornalismo al cittadino. Possiamo augurarci che lo spiacevole evento riportato non si ripresenti, ma anche aprire un dibattito per combattere il disagio da cui proviene. Siamo certi che scuole e famiglie si prodigano, per quanto è loro possibile, per evitare che i comportamenti dei loro ragazzi trascendano il lecito.
    Possiamo anche interrogarci su cosa ciascuno di noi possa fare. Intanto, appellare tout court con un'etichetta, dovremo chiederci se, al di là della rapidità comunicativa, non si faccia complice involontario di un riconoscimento di status. Il gruppo di giovani alla ricerca di una identità, potrebbe sentire raggiunto l'obiettivo. Cosa ne potrebbe conseguire? Certo no una legittimazione, ma probabilmente un rafforzamento del loro darsi regole autonome rispetto a quelle dello Stato a cui tutti apparteniamo. In che forma, questo Stato a cui tutti aderiamo nelle regole di convivenza civile della nostra Carta Costituzionale deve agire? La risposta più semplice è: con la repressione, quando la trasgressione delle regole è avvenuta; eppure, non ci si può limitare a ciò. Fuori dallo specifico, di cui non ci è dato saper più, anche se immaginiamo che tante telecamere presidino questi luoghi pubblici, proprio a garanzia della sicurezza dei cittadini, abbiamo cognizione del disagio di intere famiglie e non esclusivamente legato a fattori economici. Sbaglieremmo se limitassimo la nostra attenzione additando come causa solo le problematicità economiche, che, il malessere, si può annidare anche nell'agio che induce noia, e da lì, l'impulso ad uscire dalla noia, trasgredendo. Sin qui, ancora analisi e presa di coscienza sull'impossibilità di delimitare a classi sociali il disagio. Ovviamente i modelli di vita che i mezzi di comunicazione di massa mettono sotto i riflettori, legittimano il desiderio di emulazione di quelli. Ecco perché abbiamo più volte plaudito al racconto di notizie positive. E, sia chiaro, non omettendo le negative, casomai, evitando con cura di dar risonanza, che vuol dire, scarnificando ancor più. Ad esempio: "giovane colpito con un calcio che gli frattura il naso, da un coetaneo". E' vero, è una parzzializazione estrema, sembrerebbe pure lesiva del diritto di cronaca; eppure, credo che, anche il giornalista deve valutare gli esiti relativi al modo in cui la notizia viene proposta. Infatti, se una asciuttezza, al punto che sfumano i contorni, può apparire riduttiva, val la pena, non aver gratificato di attenzione l'autore negativo. Delle due, una: o questa sede diviene propositiva di azioni atte a far uscire dal disagio i perpetratori di questi atti, o la funzione di legame sociale del giornalismo, far opinione, ne risulta estromessa. Occorre accogliere l'ipotesi che questa sede possa essere propositiva; far scaturire un dibattito anche di dialogo con le istituzioni a cui seguiranno precise azioni convergenti, oppure la scommessa di civiltà è persa. Non affermo che dovremmo sempre avere a fianco un Sociologo, ma, solo, interrogarci di più e soprattutto, farci parte attiva, a fianco della politica.

    Claudio Marchese

    P.S.
    Ovviamente, il dibattito, da qui, si può aprire, anche proponendo sedi istituzionali di confronto per comprendere quanto si stia già facendo e cosa occorra per reagire al meglio a tali criticità sociali.

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