Un viaggio nella memoria collettiva: un Museo ed una Conferenza facente parte di un Convegno
Voluto ed appassionatamente curato dal suo Direttore Angelo Caristi, il Museo Provinciale “Messina nel Novecento” è allocato a Boccetta, al n. 2a della strada Comunale Scoppo, nell’exricovero antiaereo, ed attivo dal 2015. Gli ambienti voltati accolgono memorie messinesi: un altro tipo di viaggio, tutto entro le nostre radici, rispetto a quello del precedente articolo sul film “Parigi può attendere”.
Il parallelo mi giova per articolare la riflessione sul viaggio: potente e fantastica occasionalità per riprendere contatto con se stessi. Il viaggio che nel film, fa uso della scoperta delle migliori tradizioni dei luoghi lontani, nel Museo Provinciale “Messina nel Novecento”, propone e compulsa le nostre memorie dei luoghi natii, le arricchisce, diviene luogo di condivisioni.
Il Direttore, come prima notazione, precisa che tutto ciò che vi è esposto è donazione di cittadini che hanno deciso di condividere anche gli oggetti di ricordo personale degli eventi urbani e nazionali, con i visitatori del Museo. Ci dice: qui oltre che nulla è stato comprato, tutto ciò che è esposto è parte di storie personali condivise, sappiamo a chi appartiene e chi usò ciascun pezzo, per tale motivo è memoria viva.
Pur esistendo dal 2015, ci accedo, su segnalazione di un’amica e collega, che ha ritenuto, ad a ragione, che avesse potuto interessarmi l’evento previsto per lo scorso sabato 12 Maggio, la Conferenza del Prof. Franz Riccobono: “La città nuova, Messina dal 1918 al 1938”.
Giunto troppo a ridosso dell’orario di inizio della conferenza non potei fruire della visita guidata, come gli altri convenuti, pertanto, accenno solo a ciò che secondo me concerne la riflessione intrapresa sui tipi di viaggio e loro potenziali effetti positivi su chi li compie.
Ebbene, quello proposto dalla conferenza, congruentemente con l’obiettivo di questo specifico museo, riapre la memoria di chi quel vissuto della città lo ha avuto, ma soprattutto, attraverso queste occasionalità di condivisione di testimonianze tra immagini e racconti che ne sono lo strumento, coinvolge pure gli ignari, termine che uso per discolparmi delle ignoranze, senza troppo colpevolizzarmi e con me, alcuni, spero, per non dovermi troppo vergognare, con voi lettori.
Concentrando volta a volta l’attenzione su specifici e conosciutissimi luoghi urbani, giornalmente frequentati dagli abitanti della città, Franz Riccobono, e presentandone lo stato all’epoca della loro realizzazione, induce un gradevole spaesamento che fa riflettere anche sul senso del nostro esser cittadini, quindi artefici e non soltanto utilizzatori della città. Sono due condizioni differenti e, più accolti, oltre che interessati ad un pieno vissuto, ci sentiremmo, se gli spazi odierni, fossero plasmati per noi, da noi, quindi, non come utilizzatori, ma come cittadini, ossia, pienamente artefici.
Una affermazione del nostro grande architetto, realizzatore e teorico, Aldo Rossi, ci ricorda che ogni configurazione urbana è tale perché invera ciò che li è avvenuto, lo ricorda ai cittadini soprattutto. In ciò assimila la città ad un monumento, ossia un rammentatore e comunicatore di un avvenimento importante per quella comunità. La città tesse questi lacerti di memoria che, giorno per giorno, ci parlano, quanto più noi li viviamo. Eppure accade che questa tradizione visiva ed orale decada: allora è necessario che si venga nuovamente “istruiti” sulla loro comunicazione, su ciò che rammemorano.
Confesso che, è un nuovo piacere, quello a cui accedo a seguito di tali esplicazioni assorbite e ne condivido una con voi. Se è vero che le città, quanto più sono dense, tanto più hanno memoria, è pur vero che la singolarità della vicenda ricostruttiva messinese, per cui molto fu investito, come raramente accade: ha, per la singolare necessità di salvaguardia degli abitanti dagli effetti del terremoto, preso una configurazione spaziosa, come, ad esempio, nella Piazza della Prefettura. Vi assicuro che, vedere quella immagine “d’Epoca” comunica un carattere di apertura degli spazi, da città moderna: ebbene, lì ho trovato l’identità che i nuovi spazi urbani hanno veicolato sino allo scorcio di fine secolo scorso. È in quella ed analoghe immagini che l’essere Messina città di mare, è espresso: nel far giungere la vista, sin dal suo cuore urbano, dentro il Paesaggio dello Stretto.
Anche gli ultimi scambi, prima d’andar via, con Direttore e Relatore mi hanno condotto a guardar con più attenzione il rapporto tra ciò che è e ciò che era. In particolare, pur riguardando una persona, ho trovato traslabile e riferibile alla città la piccola riflessione riportatami e che cerco di riferire senza troppo falsare: “...il mio maestro e mentore ... che ha 100 anni, mi ha chiesto di salutargli uno dei convenuti, dicendosi contento che fosse in esistenza, perché: sinché c’è qualcuno con cui ho scambiato, esisto, quando non ve ne fossero più, sarebbe come se fossi morto.
Queste le mie prime riflessioni indotte dall’esperienza che può essere vissuta visitando il Museo Provinciale “Messina nel Novecento”, come fu possibile in occasione della Conferenza del Prof. Franz Riccobono: “La città nuova, Messina dal 1918 al 1938”.
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