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Straordinariamente veri, in: “Dolor y gloria”


Storia di sensibilità di persone straordinariamente normali. Un bambino, a contatto con giovani donne che esprimono con il canto, nello stender i panni sull’alta vegetazione, sulla sponda di un fiume, nella cui acqua li hanno appena lavati, la loro genuina vitalità, resta affascinato. 

La mamma e le sue amiche, ne sanno curare l’istruzione in maniera naturale, li, in tutte le occasionalità che si presentano, dove ci incuriosisce il nome dato ai pesciolini che si muovono in acqua: pesci saponetta, sarà perché sgusciano proprio come le saponette?

Questa scena introduce una buona chiave di lettura degli eventi, quasi la vita stessa sia, dopo tanto averla attraversata in lungo e largo, anch’essa una saponetta.

Quel bambino che sa presto scrivere e far di conto, con la passione per l’apprendimento, per poter avere più cose da insegnare agli altri, è il regista nostro protagonista, che ora, attraversata tanta vita, che è stata la sua scuola, tanto che la geografia la apprenderà muovendosi anche tra le capitali del mondo a promuovere i suoi film, ha un momento di pausa originato da un insieme di malesseri che prova a nascondere persino a se stesso.

Da bambino, per permettergli un’istruzione, la madre gli fa seguire gli studi in seminario, dove scelto per far da solista al coro, tante ore di studio di materie come la geografia ed altre, tra cui quelle che studiano il corpo, gli sono dispensate, a favore del maggior tempo da dedicare al canto. “...fecero di me un ignorante dalla grande sensibilità”.

Si insiste sull’apprendimento diretto, dalla vita, amplificato dalla acuita sensibilità: è questo che apprezziamo di questo film, il proporci una forma di cura a cui si conforma il personaggio: null’altro che sensibilità.

Già la specialità della casa-grotta, sotto il suolo, con la griglia-finestra forante il suolo-soffitto e puntata al cielo, assolutizzante il rapporto tra il quotidiano e l’universale, è stata scuola di vita. Il mondo che vi transitò, giovò a svelargli la propria natura ed un quadro, un acquerello, che lo ritrae intento a leggere, scoperto in una galleria espositiva, riattiva un flusso di memorie.

Ora, il corpo debilitato, un’altra donna si prende cura, discretamente, di lui che, continua a scrivere per progetti che probabilmente non potrà portare a compimento, perchè “...la regia è un lavoro fisico”.

Incontri, dal passato, aprono finestre che non sono solo di memoria: sono parti della propria identità: incursioni vitali, come quelle, in parallelo, del compagno di avventura e dell’amico attore che non recitò secondo il suo indirizzo e fece di quel film un’opera “Sabor” che solo ora inizia ad apprezzare, grazie al distacco temporale.

L’anziana madre che lo rimprovera di non essere stato un buon figlio, probabilmente, solo perché altro si attendeva che diventasse, fa parte di quell’essere ciascuno di noi, tanti quanti coloro che abbiamo conosciuto, proprio come ci ha insegnato Luigi Pirandello nel suo: “Uno, nessuno, centomila”.

Il medico lo ha indirizzato a scoprire la fonte dei suoi disturbi non essere un tumore, bensì una calcificazione ossea di una vertebra, comprimente e restringente l’esofago, da cui la difficoltà ad inghiottire. 

Attendendo che lo operi, confesserà al medico di aver un progetto di film, ma non risponderà alla domanda se sia commedia o tragedia: la chiusa sull’effetto dell’anestesia preoperatoria, apre alla speranza di una nuova, più consapevole e serena vita.

La regia esplora i suoi strumenti, sulla verità che vuole interessi lo spettatore, sul percorso artistico che produce l’apprezzamento e che è vita: la vita che non ha generi, è vita.

2 commenti:

  1. Della genuinità, in: "Dolor Y Gloria". E' così, scoprii, non solo di aver già visto il film, già dalle prime inquadrature, ma anche di averne già scritto poco meno di un anno fa, il 2019 06 06.
    A questo link, se fossero rimaste curiosità:
    https://ilmarenero.blogspot.com/2019/06/della-genuinita-in-dolor-y-gloria.html

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  2. Singolare poi che a distanza di tempo abbia scelto la stessa inquadratura per l'immagine che correda sia il testo dello scorso anno a film appena uscito che per quello che esce qui, appena rivisto il film.

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