Comunicatività della sfuggenza, in: “Intangibili, Musica e Cosmo Maestri 25-26”
Comunicatività della sfuggenza, in: “Intangibili, Musica e Cosmo Maestri 25-26”
Come è la luce, che non si tocca, ma tutto rivela, la musica, usata in associazione a sequenze filmate ha il potere di indirizzare la lettura che di quelle sequenze faremo.
Viviamo in un Universo oscuro punteggiato da bagliori che probabilmente non esistono più mentre continuiamo a guardarli e vederli.
La lezione del Fisico Lucia Votano ci ha fatti partecipi di spiegazioni a misteri in cui siamo immersi, di cui siamo parte, infinitesimale, eppure capace di prendere coscienza di qualcosa che è all’origine e continua ad evolvere. Di altro, neanche i Fisici, hanno strumenti per giungere a spiegazioni attendibili, e persino, alcuna teoria che convinca loro stessi, capaci di discernere tra plausibilità e certa opinabilità.
Molti concetti e persino termini e loro significati mancano ai più di noi, per approcciare questioni in cui prima che si giunga a parlar di materia, furono, se compresi senza semplificar troppo, cariche elettriche, campi magnetici, grandi concentrazioni di energia sprigionantisi e allontanantesi a velocità superiori a quella a cui viaggia la luce, a dar iniziò a quella espansione che è stata osservata.
Galassie come derive continentali, ma acceleratissime, viaggianti in un vuoto differente da ciò che possiamo concepire come tale, ed un dato, certo, si impone, prevale: nello sterminato Cosmo, siamo, e contempliamo, parzialmente ci spieghiamo, e sicuramente, la nostra stessa esistenza ci appare ancor più miracolosa, evento, casualità o meno, utile persino come semplice osservatore della creazione.
Per fortuna, eravamo stati introdotti al potenziale dell’intangibile sonoro, nelle forme di cui il compositore Nicola Piovani ci ha snocciolato i ruoli, ancor prima che i pregi, delle “musiche” che accompagnano il linguaggio filmico.
Un serpeggiare di argomenti interconnettentisi, la cui logica sequenziale non è distesa sulla linea del tempo, ma specifica, volta a volta, di una situazione che convinse ad adottare il tener un “sottofondo” rispetto ad un “commento”, per citare le due forme più estreme di uso della musica, in accompagnamento ad immagini in movimento.
Cattura subito l’attenzione, la citazione della stridente musica che accompagna la sequenza della doccia nell'Hitchcockiano “Psyco”: lo stridore del suono dei violini, il suo susseguirsi uguale, ritmato in maniera persistente, e proprio il compimento di quell’orrore ineluttabile sancisce.
Pensare che questo incontro originò da una impossibilità tecnica iniziale della ripresa: catturare sul supporto filmico dei primordi, il suono, oltre che le immagini: null’altro che fotogrammi colti in rapida sequenza e quindi capaci di riprodurre il movimento, in proiezione sequenziale.
L’inconveniente veniva risolto inviando assieme alla pellicola gli spartiti musicali che andavano eseguiti in diretta, nella sala cinematografica, a commento dello scorrere degli eventi descritti, in proiezione. Erano sommari, gli spartiti, e ciascun esecutore al piano, provava a seguir i ritmi della storia in svolgimento, il più possibile in sincrono ed anche mettendoci la propria sensibilità musicale, interpretando le situazioni sul telo o lo schermo di proiezione.
Interessante anche l’esperimento del produrre due differenti associazioni di sonoro con la stessa sequenza: ebbene, la stessa drammaticità visiva viene ribaltata in ridicola e persino esilarante, proprio come vediamo nella coppia Oliver Hardy e Stan Laurel.
L’insieme delle due lezioni acuisce nostre sane curiosità sia rispetto alla nostra origine e collocazione universale, che rispetto ai modi secondo cui giungono a noi i moti dell’animo umano, quando, una musica, se ne impone il compito, in associazione alle immagini in movimento.
Sono porzioni di universi quelli in cui fluttuiamo, universi della conoscenza.
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