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Connessione essenziale, in: “Donne e rivoluzioni industriali Maestri 39-40”



Connessione essenziale, in: “Donne e rivoluzioni industriali  Maestri 39-40”


Che la lunga e mai giunta a reale parità sociale “questione femminile”, sia stata ostacolata sempre più ad ogni balzo di trasformazione del lavoro, ha la sua evidenza, eppure v’è, mai risolta, la questione delle garanzie rispetto al suo procreare.

Seppure la condivisione dei ruoli familiari anche in presenza di prole, va evolvendo, grazie alla presa di coscienza maschile sulla parità, resta, non risolta, la necessaria sospensione di un pur breve periodo, dagli impegni lavorativi, prima e dopo del parto.

Le donne, snocciolate dall’attrice Lella Costa, che, nel tempo, hanno fatto cadere barriere, qualche volta si trovarono a dover rinunciare alla maternità, in assenza di garanzie per la ripresa dell’impegno lavorativo a cui, difficilmente, i datori di lavoro sanno dare continuità dopo un’interruzione.

Eppure, sempre più, si va richiedendo al lavoratore di essere flessibile nei ruoli e ciò potrebbe in parte ovviare ad assenze necessarie di qualsivoglia lavoratore, per qualsivoglia motivazione.

Essendo dunque parte paritetica, ed anche più strutturale per la crescita della collettività nazionale, la donna, sarebbe opportuno che proprio la collettività e per essa lo Stato si facesse carico, nella maniera più ampia, della continuità stipendiale delle donne per un congruo periodo intorno al parto.

Per quanto riguarderà la momentanea sostituzione nel posto di lavoro, che tornerà ad occupare, appena si concluderà il periodo della sospensione dello svolgimento del lavoro, per maternità, l’azienda provvederà con una unità che affiancò in uscita ed affiancherà in rientro per tutto il tempo necessario al completamento delle pratiche in corso, laddove le nuove saranno intraprese dal subentrante, sia esso il sostituente che il rientrante dalla maternità.

Tutto ciò in un mondo perfetto?
No! In un mondo consapevole della indispensabilità di tutti e soprattutto degli immancabilmente differenti punti di vista che uomini e donne portano nel lavoro.

La promessa inattuata, quella che ai primordi della rivoluzione industriale, avrebbe dovuto sollevare l’uomo dalla parte più pesante del lavoro con il balzo dovuto ai meccanismi ad energia “inanimata” spendibile uscendo dal ciclo per cui quella spesa in lavoro umano, “l’animata” giovava a fornire il nutrimento necessario a continuare a spenderne il giorno successivo per produrre quanto bastava appena ad una nuova giornata di lavoro.

L’energia fornita dalla natura già con l’acqua il vento ed il calore, già usati, localmente, come fonte energetica, viene affiancata dalle energie conservabili e soprattutto spendibili sui più vari dispositivi tramite motori, come avvenne con la macchina a vapore alimentata dal carbone estratto nelle miniere.

Il surplus permesso da incrementi produttivi, dovuti all’apporto di queste nuove energie, il vapore, primariamente, diviene causa di differenti arricchimenti a causa delle non eque redistribuzioni del surplus prodotto, e, sempre più, così procedendo, pur formandosi una classe intermedia, la borghesia, i benefici squilibrati, ingigantiranno la divaricazione di condizione sociale su base economica.

L’attuale sganciamento di responsabilità sociale delle aziende, accampando necessità produttive a costi che rendono competitivo il prodotto sui mercati internazionali, ha accelerato delocalizzazioni. Tendono a scomparire le garanzie per i lavoratori, trasformati in prestatori d’opera occasionali, tutte le volte che è stato possibile, con ciò indebolendo la coesione tra lavoratori, anzi, mettendoli in competizione, e quindi sottoposti ad una indecente corsa allo sfruttamento, in quanto, solo i più produttivi potranno lavorare: queste riflessioni sono stimolate dallo storico dell’economia Gianni Toniolo.

In tale quadro si comprende come un cambio di passo può venire solo stimolato da chi conosce bene queste situazioni di sfruttamento, avendone, come le donne, una esperienza millenaria.

Un punto di vista quindi, irrinunciabile per un’inversione di tendenza, sinché ancora possibile.






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