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Indagini sul prima e sul dopo, in: “Benedette Imperfezioni di storie senza tempo e senza spazio Maestri 41-42”


Indagini sul prima e sul dopo, in: “Benedette Imperfezioni di storie senza tempo e senza spazio   Maestri 41-42”

La fisica Lucia Votano e il linguista Luca Serianni indagano, rispettivamente, possibili storie delle origini dell’universo in bilico tra studi sull’infinitesimale e l’infinito e studi su quei passi della Divina Commedia dantesca che mostrano come l’uomo sia capace di introspezioni interiori davvero profonde.

Persino il Creatore viene scomodato e coinvolto nelle imperfezioni, appena sovvenisse la domanda sul cosa facesse, essendo eterno, prima di creare il mondo. Una risposta porta ad indurre che l’universo in cui viviamo sia una ennesima prova, che sta “tenendo” più a lungo, laddove prove precedenti collassarono velocemente, per perfezioni costituite da eccesso di simmetria.

Un po’ più espliciti? Per quello che si può, in assenza di solidi strumenti matematici e fisici, lamentati peraltro anche dagli scienziati. 

Si può partire proprio dalla questione della simmetria, per cui, un sistema per essere in equilibrio, deve prevedere ad esempio un sistema in cui attorno ai protoni di carica positiva girino gli elettroni di carica negativa: ebbene, deve esistere uno speculare in cui i protoni hanno carica negativa e gli elettroni carica positiva, rappresentante l’antimateria.

Queste due entità sarebbero destinate ad annullarsi proprio in ragione della loro specularità.
Sarà invece dove una leggera imperfezione impedì tale annullamento che, qualcosa potè evolvere.

Sarà quindi che un esperimento fortunato, proprio perché con qualche imperfezione, abbia dato origine alla creazione: un leggero flusso che turbò l’equilibrio.

La forza di gravità che permette alla luna di girare attorno alla terra, è la stessa che attrae gli oggetti che, se non sostenuti da qualcosa che contrasti quella forza, cadranno al suolo. Ciò potrebbe darci una qualche rappresentazione della duplicità degli esiti di una stessa forza in due ambiti. 

Mantiene, la forza di gravità, per un tempo lunghissimo, per quanto ne sappiamo, in equilibrio, pur tra avvicinamenti ed allontanamenti che potremmo spiegarci con le orbite ellissoidali, due corpi celesti fluttuanti in un sistema in un qualche equilibrio, ma anche, fa precipitare repentinamente un oggetto al suolo, perché privo di energia, che, se gliene conferissimo, volerebbe, come facciamo volare gli aerei, sin quando gli imprimiamo energia che contrasta la forza di gravità e sinché la portanza delle ali lo permette, plana, per poi discendere come fanno gli alianti.

L’esistere, il continuare ad esistere, dell’universo, si spiegherebbe con l’Inerzia di moto, ancora attiva, dall’inizio dell’espansione dopo il Big Bang, tanto che si può ipotizzare una remotissima fine dell’universo grazie al concetto di entropia, per cui, esauritasi la spinta espansiva, appena dopo l’arresto, tutto tornerebbe indietro, a tuffarsi in quell’infinitesimale punto da cui originò.

Chissà se, la materia proiettata nell’infinito, esauritasi l’energia espansiva tornerebbe a concentrarsi, a precipitare, in un nucleo densissimo, infinitesimale, la scienza lo ipotizza?

La necessità di dare un esito alla nostra esistenza, che la giustifichi, oltre la contingenza e soprattutto, non abbia la definitività a cui altrimenti sembrerebbe condannarci la morte, ha stimolato fantasie sulla struttura dell’aldilà, ed il nostro Dante Alighieri ne ha sviluppata una che, ritenuta equa, ne ha fatto la fortuna, illustrata, come fa Gustave Dorè, continuamente interpretando quella struttura che Dante descrisse, fatta di cieli paradisiaci e di gironi infernali, oltre che di quel luogo sospeso che chiamiamo purgatorio.

Non si spiegherebbe però, la fortuna, se non fosse anche una introspezione dotata di una certa ambiguità, almeno per i meno avvezzi, e persino per i più curiosi. Ricordiamo il “non ti curar di loro ma guarda e passa” che Virgilio rivolge a Dante indugiante, in un Canto dell’Inferno della Commedia, sulle pene indotte dalle ingiustizie di cui ci si è resi responsabili in vita. 

Dante, assieme alla inutilità della umana intristita partecipazione ai destini di quei condannati in eterno, incontra l’ineluttabilità. Questa inluttabilità potrebbe portarci alla memoria la richiesta del ricco epulone delle Sacre Scritture, che chiede a San Pietro di mandar Lazzaro giù sulla terra ad avvertire i suoi fratelli sull'orrendo destino dei peccatori, affinché loro si convertano, e gli viene risposto che se non hanno ascoltato gli insegnamenti della Parola, perché mai dovrebbero credere al povero mendicante Lazzaro?

Chissà che queste indagini umane, dimostranti interesse per l’universo di cui ci si sente parte, non  siano esse stesse forme di imperfezioni, poste a scongiurare l’equilibrio ed il conseguente crollo ed implosione della paventata fine del tempo e dello spazio.

Continuiamo a produrre imperfezioni per scongiurare la fine? In una prospettiva altra, dovremmo invece desiderare, pur senza far alcunché per provocarla, una fine, un compimento che ci pacifichi con la natura, ci faccia collaborare con essa, quanto meno, una tensione verso ciò. Un compimento, verrà, provocato o meno da noi specie umana, in un futuro indistinguibile dal nostro sguardo, e per quanto potenzieremo persino la nostra capacità di ascolto del respiro dell’universo.

Possibile sia la paura dell’equazione: equilibrio=annullamento ad indurci alle imperfezioni? Sarà troppo comodo, giustificarci così! Invece, chissà, quanta vitalità ancora ci darà il continuar le riflessioni ed anche il provare, come, dicemmo, potrebbe aver fatto anche il Creatore.

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